venerdì 19 settembre 2008

VILIPENDIO, Il caso Guzzanti ed il caso Indymedia

LE NOTIZIE:

Guzzanti:

All’inizio del suo intervento presso l’Università Cattolica di Milano, il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha affermato che non darà ai pm della Procura di Roma l’autorizzazione a procedere contro Sabina Guzzanti per l’ipotesi di vilipendio al papa, a causa delle frasi pronunciate durante il “No Cav Day” di luglio.

Il ministro chiarisce: “dopo aver sentito il parere degli uffici che concludono per la procedibilità ho deciso comunque di non concedere l’autorizzazione a procedere anche perchè l’accusata si è assunta le responsabilità di quello che ha detto”. Seppure si sia sentito offeso come cattolico, Alfano avrebbe deciso di soprassedere “ben conoscendo lo spessore e la capacità di perdono del Papa che prevalgono alle offese stesse”. Alfano intende infatti smorzare le polemiche, per non avere problemi futuri: “la stagione delle riforme impone di spegnere i focolai e di non appiccare nuovi incendi”. Così il procuratore Giovanni Ferrara e il sostituto Angelantonio Racanelli dovranno archiviare il caso.


IndyMedia:

Il gip Marco Patarnello ha disposto il sequestro preventivo di una parte del sito di Indymedia per vilipendio della religione cattolica e della figura del Papa. A sollecitare il provvedimento era stato il pm Salvatore Vitello, in quanto dagli accertamenti della Digos era emerso che sul sito vi erano fotomontaggi di Papa Benedetto XVI in uniforme militare nazista. Nel sito di riferimento della sinistra antagonista, il Papa viene appellato come “nazista” e ingiuriato con offese in lingua spagnola. La società a cui fa riferimento Indymedia è la Imc, con sede in Brasile, pertanto il pm ha provveduto che venga fatta la rogatoria internazionale per la notifica dell’atto. E questa procedura rischia di andare per le lunghe. Per il reato di vilipendio della figura del Papa è necessaria l’autorizzazione del ministro della Giustizia, atto che il pm ha già sollecitato. Il gip, nel disporre il sequestro preventivo ha avvalorato la tesi del pm ritenendo che il contenuto del sito internet ostenti disprezzo sia del sentimento religioso che della persona del Pontefice. L’offesa a Benedetto XVI sarebbe quindi evidente, così come quella recata alla religione cattolica che è tutelata dalla norma del codice penale che prevede il reato di vilipendio.

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COS'E' IL REATO DI VILIPENDIO:

Il Papa, oltre ad essere un leader religioso, è anche un capo di stato, è quindi protetto SIA dalle leggi che tutelano la religione, sia dalle leggi che tutelano le figure politiche di altri paesi.

Ci sarebbe ovviamente da valutare il fatto che il vaticano, stato interamente dipendente dall'italia, ma di fatto indipendente dal punto di vista sociale, legale e politico, gode di vantaggi strategici non indifferenti, sia dal punto di vista fiscale che legale, potendo vantare un duplice volto da mostrare a piacimento. Questo discorso però prenderebbe troppo tempo, quindi per oggi parliamo solo del reato di vilipendio alla religione cristiana e del vilipendio al papa o del reato di vilipendio in generale:



VILIPENDIO ALLA RELIGIONE:

Art. 402 Vilipendio della religione dello Stato

Chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato e' punito con la reclusione fino a un anno. [Il 13 Novembre 2000 La corte costituzionale nella sentenza numero 508 dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 402 del codice penale (Vilipendio della religione dello Stato).] ==

Art. 403 Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone

Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto.

Art. 404 Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose

Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni.

Art. 405 Turbamento di funzioni religiose del culto cattolico

Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, e' punito con la reclusione fino a due anni. Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione fino a tre anni.


VILIPENDIO CONTRO STATO ESTERO:
Art. 297 Offesa all'onore dei Capi di Stati esteri

Chiunque nel territorio dello Stato offende l'onore o il prestigio del Capo di uno Stato estero e' punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 298 Offese contro i rappresentanti di Stati esteri

Le disposizioni dei tre articoli precedenti si applicano anche se i fatti, ivi preveduti, sono commessi contro rappresentanti di Stati esteri, accreditati presso il Governo della Repubblica, in qualita' di Capi di missione diplomatica, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni (1). (1) Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 299 Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero

Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con l’ammenda da euro 100 a euro 1.000.
Articolo così modificato dalla L. 25 gennaio 2006.



MODIFICHE AL REATO DI VILIPENDIO:

Il vilipendio è un reato che fino al 2006 veniva punito con la reclusione da 1 a 6 anni, a seconda della gravità. Oggi viene fatta una multa dai 2000 ai 10000 euro.

Queste le modifiche apportate nel 2006 alle leggi che trattano il vilipendio tramite le seguenti modifiche:

L’articolo 292 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 292. - (Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato). – Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.
Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali».

L’articolo 299 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 299. - (Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero). – Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con l’ammenda da euro 100 a euro 1.000».

L’articolo 403 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 403. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone). – Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto».

L’articolo 404 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 404. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose). – Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni».


All’articolo 405 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «del culto cattolico» sono sostituite dalle seguenti: «del culto di una confessione religiosa»;
b) alla rubrica, le parole: «del culto cattolico» sono sostituite dalle seguenti: «del culto di una confessione religiosa».

Al libro secondo, titolo IV, capo I, del codice penale, la rubrica è sostituita dalla seguente: «DEI DELITTI CONTRO LE CONFESSIONI RELIGIOSE».

All’articolo 290, primo comma, del codice penale, le parole: «con la reclusione da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».

All’articolo 291 del codice penale, le parole: «con la reclusione da uno a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».

All’articolo 342 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «con la reclusione fino a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000»;
b) al terzo comma, le parole: «è della reclusione da uno a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «è della multa da euro 2.000 a euro 6.000».



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CONSIDERAZIONI:
Dovessimos eguire alla lettera il reato di vilipendio apparirebbe ovunque, eppure contro il papa, pare che il vilipendio conti di più, nessuno si lamenta se facciamo vignette offensive del buddha o di qualsiasi altra divinità minore, ma se si insulta il papa, tutti a strillare, non ostante la legge oggi preveda PARI PUNIZIONI per OGNI insulo ad OGNI religione, perchè gli uomini sono liberi di credere alla bugia che preferiscono...

C'è una cosa che però non sono riuscito a controllare: La condizione di reciprocità, legge del nostro codice penale che si riferisce ai reati di vilipendio a stato estero.

Ve la riporto:
Art. 300 Condizione di reciprocita'
Le disposizioni degli articoli 295, 296, 297 e 299 si applicano solo in quanto la legge straniera garantisca, reciprocamente, al Capo dello Stato italiano o alla bandiera italiana parita' di tutela penale. I Capi di missione diplomatica sono equiparati ai Capi di Stati esteri, a norma dell'articolo 298, soltanto se lo Stato straniero concede parita' di tutela penale ai Capi di missione diplomatica italiana. Se la parita' della tutela penale non esiste, si applicano le disposizioni dei titoli dodicesimo e tredicesimo, ma la pena e' aumentata.
Non sono riuscito a leggere il codice PENALE dello stato vaticano, non è chiaro neanche se c'è, o comunque sia nel Diritto Canonico non ho trovato leggi che tutelano l'italia dal vilipendio :D quindi il vaticano NON GARANTISCE la parita di tutela PENALE...

Ora io non sono un giurista, e comunque non ho una conoscenza approfondita dell'argomento e quindi sto di certo sbagliando quando dico che mi pare tutto un po' campato per aria.

Voi che ne dite?

mercoledì 17 settembre 2008

Benedetto XVI: «Servono nuovi politici cattolici»

IL FATTO:

Serve «una nuova generazione di politici cattolici». Che abbiano «rigore morale e competenza». Il Papa Benedetto XVI parla durante la messa celebrata domenica a Cagliari, sul sagrato del santuario di Nostra Signora di Bonaria, in occasione della sua visita pastorale in Sardegna. Ad ascoltarlo centomila fedeli e, in prima fila, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il governatore della Sardegna, Renato Soru, e il sottosegretario Gianni Letta.

Per quale motivo il premieri abbia deciso di presenziare non è dato sapere. Lui ha spiegato che «è un'occasione importante, sono qui per rendere omaggio a Benedetto XVI. Non volevamo mancare». Perché un accredito di immagine in più ci sta sempre bene. Ma le parole del pontefice lasciano poco margine a interpretazioni e adattamenti. O a strategie presenzialiste. Nell'omelia il Papa ha esortato la Chiesa e i cattolici a tornare a «essere capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell'economia, della politica» che, ha sottolineato, «necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile».

Il Papa ha anche esortato i cristiani a «far sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembra negarli». I fedeli sardi hanno rivolto una calorosissima accoglienza che dall'aeroporto di Elmas ha raggiunto il santuario di Nostra Signora di Bonaria in papamobile attraversando tra la folla il centro della città e il lungomare.

Papa Ratzinger è arrivato alle 9.30 con un aereo dell'Aeronautica Militare, a bordo del quale ha viaggiato anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, che resterà accanto al Papa per l'intera giornata. A bordo pista, con il premier c'erano l'arcivescovo di Cagliari Giuseppe Mani, l'ambasciatore presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi, il presidente della Regione Renato Soru e il sindaco di Cagliari Emilio Floris. Tre bambine, Chiara, Valeria e Giorgia, hanno consegnato al Pontefice un bouquet di fiori. E il Papa le ha ricambiate con un sorriso e una carezza.


CONSIDERAZIONI PERSONALI:

Ommioddio... il papa parla di politica? di fronte ai politici?
e quì il mondo cattopolitico dirà: MA NO!!! il Papa voleva solo dire che la politica deve dar credito alle proprie radici cristiane, e governare secondo le proprie radici.

Fermi tutti... stop. C'è da fare una riflessione.
Da che mondo è mondo i cristiani cattolici hanno mutato la legge di Dio a proprio piacimento, e sempre per la ricerca di un maggior potere. Da che mondo è mondo (è la storia che lo dice, non io) la chiesa cattolica ha SEMPRE ricercato il potere politico, più che quello spirituale.
poi qualcuno ha detto "dividiamoci i compiti: voi occupatevi dello spirito, noi della politica" e la chiesa, da quel momento stette in silenzio (più o meno).
Sentire un prete parlare di politica faceva infuriare la gente, faceva ARRABBIARE le persone perchè la storia ci aveva insegnato che LORO-NON-DEVONO-FARE-POLITICA.

Ma l'uomo dimentica, e quella che era RABBIA è diventata Rabbia, poi rabbia, poi scrollate di spalle... oggi il papa parla di politica alle folle, ed ai nostri politici, ed i nostri politici dipendenti pubblici di uno stato laico annuiscono e gioiscono delle sue parole, e noi abbiamo dimenticato che ci si deve ARRABBIARE quando la chiesa cattolica, o la religione in generale, mette piede nella politica, perchè la STORIA ci ha insegnato che LORO non possono fare del bene a livello politico, non possono, non sono in grado a causa della loro conformazione, perchè la religione parla dell'intangibile, mentra governare significa decidere per il meglio nel mondo tangibile.

La cosa che ci sfugge, che dovrebbe farci riflettere, è che sui giornali non c'è più scritto "il papa invita a fare la carità" o "il papa si auspica un mondo senza guerre"

oggi è normale sentire il papa che chiede spazio politico per la chiesa, perchè la chiesa ha la memoria lunga, lunga quanto i suoi progetti e la sua pazienza, li abbiamo allontanati dalla politica ed hanno accusato il colpo senza problemi, perchè la chiesa SA che l'uomo dimentica, e SA di poter manipolare le persone, e quindi la politica, e quindi SA di poterci far dimenticare le cose più in fretta.

Io sono uno di quelli che non dimentica, io ricordo, io studio,
e so che LORO-NON-DEVONO-FARE-POLITICA.

Laicamente vostro
Nero

Otto per mille, l'allarme della Cei

"Quest'anno 35 milioni in meno"

Angelo Bagnasco, presidente della Cei
ROMA - Sempre più italiani rinunciano a devolvere l'otto per mille alla Chiesa cattolica. A lanciare l'allarme è la Conferenza episcopale italiana che, dati alla mano, fa sapere come quest'anno le firme dei contribuenti siano passate dall'89,82% del 2008 (dichiarazioni dei redditi 2005) all'86% del 2009 (dichiarazioni dei redditi 2006). Nel dettaglio, si sono avute 38.024 firme in più per la Chiesa, poche però rispetto al forte incremento delle firme per lo Stato che passa dal 7,6 all'11% (circa 800 mila firme in più).

Un calo che fa scalpore perchè arriva dopo dieci anni di crescita costante e che porterà nelle casse della Chiesa 35 milioni di euro in meno. Il dato, diffuso dall'agenzia di stampa cattolica Adista, preoccupa non poco la Cei che ha deciso di correre ai ripari: è infatti già pronta una lettera indirizzata ai cattolici italiani intitolata "Sostenere la Chiesa per servire tutti". Nel documento, i vescovi ricordano che grazie all'otto per mille, istituito venti anni fa, "la Chiesa ha potuto disporre di risorse costanti" e invita i sacerdoti, i religiosi e i catechisti a non vergognarsi di chiedere soldi. Le motivazioni del sostegno economico alla Chiesa "devono essere costantemente richiamate nella catechesi, negli itinerari formativi, nell'insegnamento teologico. Dovremmo forse superare - concludono i vescovi - l'eccessivo pudore che ci induce a tralasciarle nella predicazione abituale, ben diverso era, su questi temi, lo stile degli Apostoli". I sacerdoti, sottilinea la Cei, nel loro rapporto con i fedeli, dovrebbero affrontare maggiormente l'argomento del sostegno economico "garantendo al contempo la massima trasparenza nel far conoscere la situazione economica e i conti delle nostre parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali".

Ma c'è chi esprime "soddisfazione" per il calo dell'otto per mille: sono gli esponenti radicali Maurizio Turco e Mario Staderini che in un comunicato fanno sapere che "i dati sulle scelte sull'otto per mille espresse dagli italiani confermano quanto sosteniamo da tempo: il miliardo di euro che ogni anno viene sottratto dal bilancio dello Stato in favore della Cei è frutto di un patto scellerato tra quest'ultima ed i Governi italiani, che da 18 anni tengono nascosto al Paese il reale funzionamento dell'otto per mille". Secondo Turco e Staderini "se il governo informasse meglio i cittadini, le ripartizioni dell'otto per mille sarebbero ben diverse, e la Cei perderebbe buona parte dei 600 milioni di extra gettito che annualmente lucra sull'ignoranza indotta".


CONSIDERAZIONI PERSONALI:

La contentezza che mi pervade nel constatare che l'italia "nuova" è più Laica di quella "Vecchia" è tanta, ma devo moderarmi, perchè so che la chiesa ha mezzi potenti per recuperare, e serve pazienza e costanza per Dimostrare al mondo che Laico non significa pazzo bestemmiatore satanista, come vogliono far credere alle masse; che Laico non significa adepto della scienza disumana.

Esattamente come essere un parroco non significa per forza molestare bambini.

Dastinate il vostro 8x1000 alla ricerca, perchè il vaticano ha più oro di quanto gliene serve, basta guardare i paramenti sacri del papa la domenica delle palme per capirlo.

Il fatto che inviino una lettera aperta, che incrementino le pubblictà (le pubblicità costano milioni di euro) per richiedervi quei 36 milioni di euro non deve convincervi, dovete sorridere, perchè con o senza i vostri sold il papa continuerà ad ordinarsi le scarpe di prada da 6000 euro, mentre probabilmente senza i vostri soldi la ricerca non può permettersi proprio un cazzo.


Saluti Affettuosi
Nero

P.S.: Vi invito a leggere anche questo articolo

lunedì 15 settembre 2008

Crimen Sollicitationis - A che punto siamo?

A che punto siamo con i preti pedofili? ve lo sarete chiesto anche voi, no?
ho trovato per caso questo testo online, che riporto per intero, senza commentare.

Buona lettura.

In genere gli eventi della politica sono incomprensibili per i comuni mortali, ma se, armati di pazienza, ci impegniamo nella ricerca dei nessi logici che li tengono insieme, arriviamo a capire senza problemi il gioco di interessi dei personaggi, apparentemente al di fuori di ogni sospetto, che ne tessono la trama.
Se ripensiamo ai misteriosi rapporti intercorsi negli ultimi tempi tra gli Stati Uniti e il Vaticano, sentiamo destarsi in noi un sensazione di sgomento al pensiero di quanta perversione e malafede agita le notti dei Potenti della Terra, che, per il loro squallido tornaconto, sono capaci di addivenire a qualsiasi compromesso.

Per convincersi di questa verità, è sufficiente puntare l'attenzione su quanto di poco chiaro è apparso nella vicenda dei preti pedofili americani e di conseguenza nei rapporti tra il cardinale Ratzinger e il Presidente Bush.

Nel maggio 2001, sull'onda delle denunce che si susseguivano contro i membri della Chiesa cattolica in seguito alle violenze perpetrate sui minori, Ratzinger - allora Capo della Congregazione della Dottrina della Fede - indirizzò una lettera ai vescovi di tutto il mondo, per informarli della sua decisione di avocare alla stessa Congregazione la gestione degli abusi, di imporre il segreto pontificio sui dibattimenti dei Tribunali ecclesiastici, sotto pena di scomunica per chi lo violasse, e di far durare dieci anni - a partire dal giorno in cui il minore compiva il diciottesimo anno di età - la giurisdizione della Chiesa.

Il principio che la Chiesa possa attriubuirsi dei privilegi e che questi siano intoccabili venne ribadito poi dal cardinale Bertone, che sostenne l'infondatezza della richiesta fatta a un vescovo di denunciare un prete pedofilo reo confesso.

Daniel Shea, difensore di alcune delle vittime, fece tuttavia notare ai giudici che "non c'era ragione perché le indagini dovessero iniziare solo dal momento in cui il minore raggiungeva la maggiore età" e John Beal, professore di diritto canonico presso l'università cattolica americana, affermò sotto giuramento che la lettera di Ratzinger aveva esteso la giurisdizione della Chiesa ai crimini di natura sessuale perpetrati dai suoi membri.

Tenendo conto anche del fatto che Ratzinger in quel momento era implicato in una azione di copertura di preti pedofili per la quale un Tribunale del Texas gli aveva rivolto una accusa molto seria, lo stesso Ratzinger fu invitato a comparire davanti ai giudici per ostruzione alla giustizia.

Qualche tempo prima delle elezioni presidenziali del 2004, Ratzinger mandò un'altra lettera ai vescovi cattolici americani con cui minacciava i candidati di non concedere loro i sacramenti, se avessero sostenuto apertamente il diritto di aborto.
La conseguenza fu che Kerry perse le elezioni, mentre Bush, che aveva scatenato la guerra in Iraq e fatto morire migliaia di innocenti, fu rieletto. Per ricambiare il favore il Presidente gli concesse poco dopo l'immunità diplomatica.

La conclusione a cui arriviamo dall'interpretazione di questi eventi è che tra i due Capi di Stato era stato stretto un patto non scritto per il quale il Papa attuale avrebbe aiutato il candidato repubblicano a vincere le elezioni e questi avrebbe operato in modo che l'immagine della Chiesa e del suo Capo non venisse offuscata. E i fatti che seguono sembrano confermarla.

Un fratello di Bush e Ratzinger hanno dato vita insieme a una Fondazione Ecumenica Svizzera. Lo stesso membro della famiglia Bush è accorso a congratularsi con Ratzinger, quando questi è stato eletto Papa. Ratzinger è intervenuto contro Kerry, ma non contro Clinton, che pure era favorevole all'aborto. Ratzinger si scaglia quasi tutti i giorni contro l'aborto, ma non ha mai detto una parola contro la guerra in Iraq. Il Dipartimento di Giustizia, chiamato a rispondere sulla richiesta di estradizione, ha atteso quasi due anni per rispondere.

La sortita da Fort Apache è stata resa possibile dal concorso di eventi favorevoli, che in futuro difficilmente potranno ripresentarsi. Il fenomeno dei preti pedofili, infatti, si va estendendo a macchia d'olio, per cui la credibilità della Chiesa cattolica negli Stati Uniti è oramai prossima allo zero, e i cristiani evangelici non si oppongono più all'aborto, né sono interessati ad appoggiare i repubblicani alle prossime elezioni.
D'altra parte la scarsità delle risorse energetiche e il crollo dell'economia americana costringeranno il governo italiano a ad avvicinarsi ai Paesi che le producono.

La Chiesa cattolica ha già perduto l'Austria, la Spagna, l'Irlanda e la Polonia, che erano considerate le sue roccaforti tradizionali in Europa. Una volta perduto pure gli Stati Uniti e dato per scontato che l'Italia dovrà rispettare quanto prima le risoluzioni della Ue riguardanti i diritti civili, non le resteranno più carte da giocare sulla scacchiera intenazionale, con le conseguenze che ognuno può immaginare.

lunedì 8 settembre 2008

(S) Battesimo

CHE COS’È IL BATTESIMO

Stando al Catechismo della Chiesa cattolica (n. 1213), il battesimo è il mezzo «mediante il quale ci si libera dal peccato e, rigenerati come figli di Dio, si diventa membra di Cristo, ci si incorpora alla Chiesa e resi partecipi della sua missione». Come un bambino di pochi giorni possa essere reso partecipe della missione della Chiesa resta, ovviamente, un mistero della fede.

Va ricordato che il battesimo è un rito largamente estraneo alla narrazione evangelica: gli unici passi espliciti (Mt. 28,19, Mc 16,15) sono spesso considerati dagli studiosi come un’aggiunta posteriore; i passi di Gv. 3,22-26 sono contraddetti da Gv. 4,1. Gesù, pur battezzato da Giovanni, stando al Nuovo Testamento personalmente non battezzò mai nessuno, né tanto meno risulta siano mai stati battezzati gli apostoli.

IL PEDOBATTESIMO

Gesù decise di farsi battezzare solo quando ebbe compiuto trent’anni. Anche agli albori della cristianità il battesimo veniva impartito agli adulti, e solo dopo un congruo periodo di catecumenato. Anzi, molti fedeli rimandavano addirittura il battesimo fin quasi in punto di morte, per presentarsi “puri” nell’aldilà.

Successivamente, con l’affermarsi della nuova religione, il rito venne gradatamente anticipato agli infanti (di qui il nome di “pedobattesimo”), anche in seguito all’elaborazione teologica del peccato originale, tuttora in vigore. Ancora oggi, infatti, la Chiesa ritiene che i bambini «nascono con una natura umana decaduta e contaminata dal peccato originale» e hanno bisogno del battesimo «per essere liberati dal regno delle tenebre e trasferiti nel regno della libertà dei figli di Dio» (dal Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1250).

Se un neonato non ha la potestà legale di stipulare alcun atto, non si capisce a maggior ragione perché debba compiere, dopo pochi giorni di vita, una scelta che potrebbe pregiudicarne - da un punto di vista religioso - l’accesso al paradiso.

IL BATTESIMO COME ADESIONE ALLA CHIESA CATTOLICA

La Chiesa cattolica, nel corso della sua storia, ha spesso abusato del battesimo per ottenere “conversioni forzate”, soprattutto nei confronti degli ebrei. Ancora oggi il Codice di diritto canonico, al canone 868, stabilisce questa assurda norma: «il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori»! Qualora si verificasse, i genitori dello sfortunato bambino potrebbero denunciare il battezzante per violazione dell’art. 30 della Costituzione.

Ricordiamo che tale articolo stabilisce che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i propri figli». Attenzione, però: “istruire” non significa affatto “imporre”. Insegnare ai proprî figli la verità della religione cattolica non deve quindi avere come automatica conseguenza l’adesione vita natural durante alla Chiesa cattolica, così come insegnare ai proprî figli il gioco degli scacchi non deve comportare l’iscrizione vita natural durante al club degli scacchi. Questo infatti comporta il battesimo: il canone 96 del Codice di diritto canonico stabilisce infatti che «mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta». E questa condizione assume valore anche per la legge italiana…

La sentenza della Corte Costituzionale n. 239/84 ha invece stabilito che l’adesione a una qualsiasi comunità religiosa debba essere basata sulla volontà della persona: difficile, a nostro avviso, rintracciare tale volontà in un bambino di pochi giorni.

Infine, secondo la legge 196/2003, l’appartenenza religiosa è considerata un dato sensibile, esattamente come l’appartenenza sindacale e politica, la vita sessuale e la salute dell’individuo. Non si capisce pertanto perché, se la legge impedisce ai genitori di iscrivere i propri figli a un sindacato, a un partito politico, a un’associazione gay, non debba conseguentemente impedire l’adesione a un’organizzazione religiosa.

L’APOSTASIA

Lo sbattezzo, visto dalla parte della Chiesa, si chiama apostasìa. Se da un punto di vista dottrinale è un peccato mortale, per il diritto penale della Chiesa, applicabile a tutti i battezzati, rappresenta invece un «delitto» (Codice di diritto canonico, can. 1041).

Ne consegue che, per la Chiesa cattolica, chi si proclama ateo e agnostico, anche se non si sbattezza, è da considerarsi un apostata, e pertanto soggetto alla scomunica latae sententiae (can. 1364), un tipo di provvedimento canonico che si applica automaticamente, anche se la Chiesa non è al corrente del “delitto” commesso (lo stesso provvedimento comminato dal codice, per esempio, alla fattispecie di aborto volontario).

PERCHÉ CANCELLARE GLI EFFETTI DEL BATTESIMO?

Non certo per fare un contro-rito vendicativo: nessuna associazione laica lo riterrebbe una cosa seria.

Ci sono invece motivazioni ben più importanti per sbattezzarsi:

  • per coerenza: se non si è più cattolici non v’è alcuna ragione per essere considerati ancora tali da chi non si ritiene più degni della propria stima;
  • per mandare un chiaro segnale a tutti i livelli della gerarchia ecclesiastica;
  • per una questione di democrazia: troppo spesso il clero cattolico, convinto di rivolgersi a tutta la popolazione della propria parrocchia, “invade” la vita altrui (pensiamo alle benedizioni natalizie o, più banalmente, al rumore prodotto dalle campane). Si crea così una sorta di “condizionamento ambientale” e si diffonde la convinzione che bisogna battezzare, cresimare, confessarsi e sposarsi in chiesa per non essere discriminati all’interno della propria comunità. Abbattere questo muro, rivendicando con orgoglio la propria identità di ateo o agnostico, è una battaglia essenziale per vivere in una società veramente libera e laica.
  • per la voglia di far crescere il numero degli sbattezzati, contrapponendolo alla rivendicazione cattolica di rappresentare il 96% della popolazione italiana;
  • perché si fa parte di gruppi “maltrattati” dalla Chiesa cattolica: gay, donne, conviventi, ricercatori…
  • per rivendicare la propria identità nei passaggi importanti della propria vita. Non essere più cattolici comporta l’esclusione dai sacramenti, l’esclusione dall’incarico di padrino per battesimo e cresima, la necessità di una licenza per l’ammissione al matrimonio (misto), la privazione delle esequie ecclesiastiche in mancanza di segni di ripensamento da parte dell’interessato. Significa quindi non dover sottostare alle richieste del proprio futuro coniuge di voler soddisfare la parentela con un rito in chiesa, non vedersi rifilare un’estrema unzione (magari mentre si è immobilizzati), e avere la relativa sicurezza che i propri eredi non effettueranno una cerimonia funebre in contrasto con i propri orientamenti.
  • per non essere considerati, dalla stessa legge italiana, «sudditi» delle gerarchie ecclesiastiche. Il Catechismo della Chiesa cattolica rammenta (nn. 1267 e 1269) che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso […] perciò è chiamato […] a essere «obbediente» e «sottomesso» ai capi della Chiesa». Qualora non lo siano, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a “richiamare” pubblicamente il battezzato. Nel 1958 il vescovo di Prato definì «pubblici peccatori e concubini» una coppia di battezzati sposatasi civilmente. La coppia subì gravi danni economici, intentò una causa al vescovo e la perse: essendo ancora formalmente cattolici, continuavano infatti a essere sottoposti all’autorità ecclesiastica. Ogni prelato può dunque tranquillamente permettersi esternazioni denigratorie nei confronti dei battezzati: perché rischiare?
  • per un vantaggio economico: se si è battezzati e capita di dover lavorare, anche saltuariamente, in Paesi come la Germania o l’Austria, si finisce per essere tassati per la propria appartenenza alla Chiesa cattolica, e in modo assai salato (anche 60 euro al mese su uno stipendio di 2.000 euro…).

Ma tante altre ancora possono essere le motivazioni: non c’è certo bisogno di ricevere suggerimenti da parte dell’UAAR!

L’ASSOCIAZIONE PER LO SBATTEZZO

L’Associazione per lo Sbattezzo nacque negli anni ’80 proprio su queste tematiche. Suo il merito di aver sollevato il problema in Italia: attraverso questa associazione sono partite le prime lettere con le richieste di cancellazione dal registro dei battezzati. Il modulo che presenta sul suo sito, tuttavia, è privo di valore giuridico, non facendo riferimento ad alcuna legge dello Stato italiano. Oggi la parola sbattezzo è entrata a far parte dei dizionari.

L’INIZIATIVA GIURIDICA DELL’UAAR

Nel 1995 l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ha avviato una campagna per la “bonifica statistica” dei battezzati. Dopo aver verificato le risposte fumose ed evasive alle richieste di cancellazione ricevute dai parroci (le poche volte che costoro si degnavano di rispondere), ha preferito spostare il confronto in sede giudiziaria.

Attraverso un socio individuato ad hoc, ha così intrapreso un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali (Stefano Rodotà), chiedendo di intervenire nei confronti delle parrocchie refrattarie alla cancellazione del battesimo.

IL SUCCESSO DELL’INIZIATIVA GIURIDICA UAAR

Il 13 settembre 1999 il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato sul ricorso del socio UAAR.

Secondo il provvedimento del Garante non si può cancellare il battesimo, in quanto esso documenta un episodio effettivamente avvenuto.

È però possibile, per chiunque lo desideri, far annotare la propria volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica. Si tratta di un riconoscimento importante, con il quale per la prima volta la giurisprudenza italiana ha stabilito una procedura per l’ottenimento di un elementare diritto civile, quello di non essere più considerati “figli della chiesa”.

Lo sconcerto cattolico deve essere stato notevole, se persino un esponente considerato “illuminato” come don Zega, dalla prima pagina della Stampa del 29 settembre 1999, riusciva a confondere UAAR e Associazione per lo Sbattezzo, cercando poi di buttare tutta la vicenda sul goliardico.

Come conseguenza pratica, però, l’iniziativa dell’UAAR ha costretto la Conferenza Episcopale Italiana a emanare già il 20 ottobre 1999 un Decreto Generale sull’argomento.

L’UAAR, incassato il parziale successo, ha comunque deciso di ricorrere al tribunale di Padova, che con il decreto del 29 maggio 2000 ha in sostanza confermato quanto statuito dal Garante, sancendo tuttavia che «è lo Stato che si riserva il potere di verificare se sussistano i presupposti per escludere il proprio intervento con riguardo agli atti dell’autorità ecclesiastica».

Nel novembre 2002 la Conferenza dei vescovi italiani, riunita in assemblea plenaria, ha dovuto confermare la legittimità delle richieste formulate col modulo UAAR.

L’iniziativa è proseguita negli anni successivi, con lo scopo di allargare questo diritto all’intera popolazione italiana. Nel 2002 è stato presentato e accolto il primo ricorso al Garante contro una parrocchia inadempiente, e nel 2003 è stato presentato e accolto il ricorso al Garante contro la pretesa del Vicariato di Roma di chiedere al richiedente di presentarsi presso i suoi uffici «per dimostrare e controfirmare la sua richiesta in modo inequivoco».

Infine, nel settembre 2006, un nuovo provvedimento del Garante ha permesso a tutti coloro che non conoscono la parrocchia di battesimo (o che sono stati battezzati all’estero) di annotare le proprie volontà di non far più parte della Chiesa cattolica sull’atto di cresima. Il caso ha voluto che il primo vescovo “costretto” ad autorizzare una simile annotazione sia stato il cardinal Camillo Ruini (anche se la prima in assoluto risale al febbraio 2006).

Ma la campagna continua: resta ancora da allargare tale diritto a chi non sa dove è stato battezzato, e non è mai stato comunicato o cresimato.

COSA BISOGNA FARE PER NON ESSERE CONSIDERATI PIÙ CATTOLICI?

  • Chi conosce la parrocchia presso la quale si è stati battezzati deve semplicemente scrivere una lettera al parroco con la quale si chiede che sia annotata la propria volontà di non far più parte della Chiesa cattolica. La lettera deve essere inviata per raccomandata a.r. allegando la fotocopia del documento d’identità. Non è necessario fornire alcuna motivazione. Disponiamo di una lettera modello, scaricabile in formato *.RTF (e modificabile a piacimento secondo le proprie esigenze); ne è altresì disponibile una versione in formato *.PDF. Se non si è subita né la prima comunione né la cresima, inoltre, si può provare a inviare alla parrocchia un modulo (*.RTF; *.PDF), recentemente sperimentato con successo, contenente la richiesta di prendere nota che non si è mai stati cattolici.
  • Se non si conosce la parrocchia, la prima strada è quella di fare una ricerca sul portale parrocchie.it: qualora vi fossero dubbi tra più parrocchie si può provare a chiedere un aiuto a soslaicita@uaar.it.
  • Qualora l’esito fosse infruttuoso bisogna inviare una richiesta al parroco dove è stata impartita la prima comunione (a partire dal 1984) o la cresima, chiedendogli di provvedere all’annotazione della richiesta sui documenti che attestano la somministrazione di questi sacramenti.
  • In alternativa, se ci si è sposati con il rito concordatario, si può anche inviare una richiesta alla parrocchia delle nozze, chiedendo di conoscere la parrocchia di battesimo.
  • Sbattezzarsi è rapido e semplice. Nel caso, piuttosto raro, che vengano frapposti degli ostacoli, consigliamo di consultare le FAQ (anche in formato RTF), che contengono le risposte alle domande più ricorrenti sull’argomento: qualora i dubbi persistano, potete inviare un messaggio a soslaicita@uaar.it per ottenere una consulenza sull’argomento. Ricordiamo che - in mancanza di risposta da parte della parrocchia - è possibile presentare ricorso al Garante per la protezione dei dati personali. Tutti i ricorsi presentati finora si sono conclusi con esito positivo.
  • Se vuoi dare maggiore enfasi alla tua decisione di sbattezzarti, partecipa anche tu alla Giornata dello Sbattezzo, in programma il 25 ottobre 2008 (se possiedi un sito o uno spazio Web, qui è disponibile un banner per pubblicizzarvi l’evento).

ALTRE RELIGIONI

Per le altre confessioni cristiane vale lo stesso discorso della confessione cattolica: è sufficiente inviare la lettera modello, sostituendo soltanto “registro dei battezzati” con “elenco dove è stato registrato il battesimo”.

L’appartenenza alle comunità ebraiche è documentata attraverso un’iscrizione: pertanto, per abbandonare l’ebraismo è sufficiente inviare una comunicazione formale con cui si rende palese la propria volontà, chiedendo altresì che venga data conferma per iscritto delle proprie “dimissioni”. Ovviamente, in tal modo si risolve il problema dell’appartenenza, non quello della circoncisione.

Per l’islam le cose sono molto più complicate. Non esiste in Italia alcuna confessione centralizzata islamica, ma tante organizzazioni diverse in competizione fra loro: è quindi impossibile formulare una domanda ufficiale, ma solo apostatare pubblicamente. Il problema, ben noto, è che la dottrina prevalente nel mondo islamico prevede che l’apostata sia punito con la morte. Secondo un detto (hadīth) attribuito a Maometto, è vietato uccidere un musulmano, eccetto che in tre casi: quello di un musulmano che ha ucciso un altro musulmano, quello dell’adultero e quello dell’apostata. Al di fuori dai Paesi di tradizione musulmana sta comunque venendo alla luce un buon numero di apostati dall’islam. Alcuni di essi hanno pure creato un sito: Apostates of Islam e un’associazione, Council of Ex-Muslims of Britain. Anche per l’islam resta il problema della circoncisione.

LO SBATTEZZO ALL’ESTERO

Il problema dello sbattezzo non è solo italiano: lanciato in Belgio alcuni decenni fa da Alternative Libertaire, ha calamitato l’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto in Francia.

Qui la legge ha sancito sia il diritto alla cancellazione, sia il dovere dell’ente ecclesiastico di fornire prove della stessa: i vescovi di Carcassone e Mende hanno rischiato pesanti condanne per non aver provveduto nei termini stabiliti (aggiornamenti sulla campagna di sbattezzo in Francia).

In Germania le cose sono ancora più semplici: una legge del 1919 impone alle religioni di “contare” i propri membri in base alla volontà dei propri fedeli di versare una somma variabile tra l’8 e il 10 per cento delle proprie imposte. Se non si vuole pagare questa tassa si è automaticamente fuori dalla Chiesa e cessano gli effetti del battesimo, mentre se si è battezzati si è invece obbligati a pagare le tasse alla propria Chiesa. La dichiarazione ufficiale di uscita dalla chiesa è effettuabile a partire dal raggiungimento della maggiore età (ovvero a quattordici anni, per quanto riguarda l’appartenenza religiosa).

Lo sbattezzo in Germania, Austria e Svizzera.

In Spagna la normativa è molto simile a quella italiana.

PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

Se vuoi dare visibilità sul tuo sito o sul tuo blog alla campagna UAAR di sbattezzo, puoi consultare le istruzioni pubblicate sul nostro sito.

PASSAPAROLA SULLO SBATTEZZO

Puoi scaricare la presentazione sullo sbattezzo e inviarla ai tuoi amici. Sono disponibili questi formati:

  • PPS (per MS Powerpoint), 430 Kb
  • PDF (per Adobe Reader), 490 Kb
  • SWF (Flash, da aprire in un browser), 480 Kb

Per salvare i file fai click con il tasto destro del mouse e scegli “Salva oggetto con nome”.

Ultimo aggiornamento: 23 luglio 2008.


Fonte: www.uaar.it

Gesù Cristo, Maria Maddalena e l'altra Sacra Famiglia

La storia di Gesù Cristo e Maria maddalena, ma anche la storia personale di Gesù Cristo, mi ha sempre affascinato. E' stata riportata in tutte le salse, modificata e storpiata a piacimento della chiesa, che ha selezionato da quali fonti prendere le informazioni con cui costruire un'icona che corrispondesse ai loro bisogni.

Ho trovato su internet questo testo, che parla in maniera esaustiva dei rapporti tra Gesù Cristo e Maria Maddalena, è un po' lungo, è vero, ma è anche una lettura molto interessante e per una volta posso astenermi dal commentare o fare critiche, lasciando che vi gustiate un po' di storia.


Gesù Cristo, Maria Maddalena e l'altra Sacra Famiglia
a cura di Luca Berto

Andare a spulciare le Sacre Scritture del Nuovo Testamento in cerca di legami tra Gesù Cristo e Maria di Magdala non è certo un’attività nata oggi: per rendercene conto, basti pensare a L’ultima tentazione di Gesù Cristo, film di Martin Scorsese in cui il Salvatore si accoppia con la “peccatrice” di Magdala. Di recente, comunque, l’ambiguo rapporto tra Gesù Cristo e la Maddalena è tornato a solleticare l’interesse di molti appassionati di “mistero”, ma anche di semplici cristiani curiosi, grazie al thriller di Dan Brown intitolato Il codice Da Vinci, edito in Italia da Mondadori. Questa, molto in breve, la trama del libro. Il romanzo mette in scena una “caccia al tesoro”, ed il tesoro sarebbe nientemeno che il Santo Graal, condotta da uno studioso di simbologia americano, Robert Langdon, e da una poliziotta francese di nome Sophie Neveu, specializzata in crittologia. Tutto ha inizio dalla tragica dipartita, ad opera di un misterioso sicario, del direttore del museo parigino del Louvre, Jacques Sauniere, nonno della nostra poliziotta e, segretamente, Gran Maestro della società segreta nota come Priorato di Sion, custode, vuole la tradizione, di importanti e sconvolgenti segreti riguardanti Gesù Cristo. Nel suo ultimo messaggio, il direttore del museo lascia alla nipotina un indizio in codice che, decrittato, le permetterà di ritrovare il Santo Graal, il cui nascondiglio appunto il Priorato custodiva. Ad ostacolarli nella loro ricerca, la potente associazione dell’Opus Dei (realmente esistente, anche se non con gli stessi connotati di mistero e corruzione, va detto) ed un misterioso Maestro, il cui unico desiderio è, ovviamente, impossessarsi del più favoloso segreto della storia dell’uomo. Alla fine, tralasciando tutti i vari particolari della ricerca dei due protagonisti e della trama, si scoprirà che il famoso calice di Gesù Cristo altro non sarebbe che Maria Maddalena, che, come i Vangeli canonici non dicono e come i Vangeli apocrifi e gnostici in particolare dicono (la distinzione tra questi due tipi di Scritture sarà trattata in seguito), avrebbe sposato Gesù Cristo e da questi avrebbe anche avuto dei figli, i quali sarebbero divenuti nientemeno che i membri della dinastia dei Merovingi. La Maddalena sarebbe associabile al “calice” per due motivi: primo, perché, come il Graal “tradizionale”, avrebbe accolto il “sangue di Gesù Cristo”, ma sangue inteso come discendenza; secondo, perché il simbolo (inteso nel senso più letterale possibile) indicante la donna, oltre allo “specchio di Venere”, sarebbe una sorta di V molto aperta, detto, appunto, “calice”. Dunque, il “calice che accolse il sangue di Gesù Cristo” altro non sarebbe che la “donna che accolse la progenie di Gesù Cristo”. Per quanto si tratti, ovviamente, di un prodotto di fantasia, il percorso ragionativo svolto dall’ex professore di inglese e storia dell’arte Brown nel suo romanzo si basa su elementi reali e verificabili ed offre parecchi spunti di riflessione. Anche per questo breve e testardo articolo, l’autore del quale cerca un barlume di verità in tutto questo.

Prima di iniziare il percorso ragionativo e non che qui intendiamo svolgere, iniziamo a disporre sul tavolo alcuni dati che ci torneranno utili in seguito. Abbiamo detto che, nella trama del romanzo, evidenti indizi riguardo il matrimonio tra Gesù Cristo e la Maddalena ci vengono dati dai Vangeli apocrifi. Ma che cosa sono, questi Vangeli, e cosa li differenzia dai Vangeli canonici? I Vangeli canonici sono i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni: sono i Vangeli ufficialmente accettati dalla Chiesa. Tali scritti, ci insegnano a catechismo, sono caratterizzati da una forte, intima unità spirituale: dunque, generalmente, si parla di un “Vangelo unico e quadriforme”. Tale somiglianza, sia per i contenuti che per la forma letteraria, è particolarmente forte nei primi tre Vangeli, detti sinottici: questo ha fatto supporre che abbiano avuto una fonte comune, denominata fonte Q, che si ipotizza potrebbe essere un testo scritto da Gesù Cristo in persona, una sorta di “diario della predicazione”. Non mancano, però, concordanze interne, che hanno fatto supporre la dipendenza dei vangeli di Matteo e Luca da quello di Marco, cronologicamente anteriore. Al contrario, si differenzia nettamente, per più di un motivo, il Vangelo di Giovanni: diversi sono l’ambientazione cronologica e geografica dell’attività di Gesù Cristo, il modo di considerarne i miracoli e di riferirne la predicazione, lo stile e la terminologia del racconto evangelico. Appare verosimile che l’evangelista si sia servito di fonti proprie, che, con ogni probabilità avevano la propria sede originaria nell’ambito del giudaismo eterodosso influenzato dalla gnosi. Possiamo spiegare queste concordanze con il fatto che il Vangelo di Marco e quello di Giovanni sono fonti “dirette”, in quanto sono stati scritti da testimoni appunto diretti dei fatti che riguardarono Gesù Cristo; il Vangelo di Luca, al contrario, è testimonianza indiretta, in quanto Luca redasse il suo Vangelo utilizzando la testimonianza del suo maestro, Paolo, di Maria Vergine e di altri scritti ufficiali circolanti in ambito cristiano. Accanto ai Vangeli canonici, abbiamo detto all’inizio, esistono altri Vangeli, altre “narrazioni” della vita e della predicazione di Gesù Cristo, che la Chiesa, ufficialmente, non riconosce come appartenenti al Nuovo Testamento e che tratta con una certa diffidenza: sono i Vangeli Apocrifi. Il corpus che compone questi testi è formato dai Vangeli dell’Infanzia, i Vangeli della Predicazione, i Vangeli della Passione e della Resurrezione, dal Ciclo di Pilato, dall’Assunzione di Maria, dai Vangeli Gnostici e dai Vangeli dualistici, più altri testi che non sono propriamente narrazioni della vita di Gesù Cristo. Tra tutta la schiera di “altri Vangeli”, a noi interessano particolarmente quelli detti “gnostici” o di Nag Hammadi, dal nome del villaggio egiziano presso il quale furono rinvenuti nel 1945, e databili al I o II secolo d.C.. Il motivo di tale denominazione deriva dal fatto che in essi, con quanta volontarietà rimane da vedere, traspare il motivo dello gnosticismo. “La scarsa conoscenza che finora si aveva dello gnosticismo (poche citazioni e commenti ostili dell’eresiolografia patristica) non permetteva nemmeno di risolvere un problema di fondo: se lo gnosticismo fosse un movimento eretico, staccatosi dal cristianesimo, o un indirizzo filosofico- religioso indipendente dal cristianesimo.” Tralasciando la sua natura e la sua classificazione, vediamo quali sono gli elementi di questo pensiero. Il suo elemento fondamentale è la conoscenza, la gnosi, appunto, e non le opere o la fede, come unico mezzo di salvezza. La conoscenza di cosa, però? Della negatività del mondo. “Allacciandosi al neoplatonismo, gli gnostici ritengono che il cosmo sia formato da una gerarchia di 30 coppie di entità incorporee (gli «eoni», l’unione dei quali è in grado di formare il concetto di Dio completo, detto Pleroma) emanate da Dio e sempre meno perfette mano a mano che si allontanano da Lui, come una luce che progressivamente si attenua distanziandosi dalla sua fonte. L’ultimo eone, l’anima umana, venuto a contatto della materia, è stato sopraffatto da essa, è caduto nelle tenebre, è divenuto schiavo del male, del dolore, della morte. Questa situazione è quindi conseguenza di oblio e di ignoranza della propria origine divina, e la gnosi è appunto il riprendere conoscenza di essa e aspirare al ritorno ad essa, cioè alla perfezione di Dio, del Pleroma, momento di origine. Concedere all’uomo la possibilità del proprio riscatto è un gesto d’amore da parte di Dio, che egli compie mandando al mondo il modello perfetto dell’uomo spirituale, l’Anthropos celeste. Quindi, con l’esempio di sé stesso e con la rivelazione delle verità dimenticate dall’uomo, rende l’uomo partecipe della gnosi, cioè della conoscenza salvatrice.” Questa conoscenza, ovviamente, non può essere percepita, sentita, compresa tramite l’intercessione di qualcuno, come, per esempio, un sacerdote, ma deve essere un’esperienza personale, quasi ascetica e contemplativa. L’idea di Dio è rifiutata: il vero Dio è invisibile, perfetto, incomprensibile e innominabile; colui che noi consideriamo Creatore (il Demiurgo, che spesso viene identificato erroneamente col Dio biblico) è l’essere malvagio che vorrebbe imporre il proprio dominio sull’uomo: un essere “materiale” come il mondo da lui creato, “ignorante” (si oppone a Dio non per coscienza del proprio nemico, ma per “istinto”, in quanto, abbiamo detto, è troppo lontano dall’origine divina per ricordarla), e “blasfemo”, in quanto si è proclamato Dio unico (vedi Mosé e le Tavole). Questo sovvertimento dei valori tradizionali comportava la rinuncia alla vita di relazione, l’ascesi, la meditazione e, chiaramente, la consapevole e volontaria infrazione di ogni legge morale, che viene a perdere qualsiasi valore. Insomma, una sorte di nichilismo nietzscheano parecchio antecedente al suo più famoso profeta. Per comprendere meglio ciò di cui si è parlato, si consiglia di fare riferimento al Vangelo gnostico di Tommaso, 32 e al Libro di Giovanni Evangelista, 7, i quali passi, per quanto brevi, sono esemplificativi. Proclamare, dunque, che il Dio che si era manifestato ai patriarchi ebrei altro non era che il suo nemico, rinnegare tutta la verità sulla caduta di Satana dal cielo per eccesso di orgoglio, rinnegare la creazione dal fango di Adamo ed affermare, al contrario, l’origine divina al pari degli angeli dell’uomo, vedere la Parola di Gesù Cristo come un invito a rinnegare questo mondo materiale, corrotto e corruttore, anziché come l’annuncio di una nuova alleanza con Dio, considerare inutile l’intercessione compiuta tra Dio ed il fedele, ossia il “lavoro” della Chiesa cattolica insieme a tutte le altre conseguenze teologiche che lo gnosticismo comportava sono i motivi per i quali, soprattutto all’origine, questo pensiero fu visto come una corrente eretica da condannare duramente dai patristi latini.

Prima di andare ad analizzare quali siano gli elementi che suffragano la teoria che Gesù Cristo e Maddalena si siano sposati ed abbiano formato una vera famiglia, cerchiamo di conoscere meglio questi due “personaggi”. Per motivi di “prestigio”, partiremo, ovviamente, da Gesù Cristo. Storicamente, Gesù Cristo non trova molto spazio nelle cronache del suo tempo. Viene indicato generalmente come un rabbi, un maestro ambulante e fomentatore di disordini. Questo silenzio si spiega abbastanza facilmente: la Palestina, a quei tempi, era una terra lontana, politicamente instabile, non certo ricca di risorse. L’unico storico ad interessarsi, in qualche maniera, di Gesù Cristo, fu Giuseppe Flavio, che in Antichità Giudaiche, descrive l’indole di Gesù Cristo e la sua fine. Giuseppe Flavio, però, aveva vissuto ed era originario di quei territori, dunque la sua attenzione ha motivazioni patriottiche, se vogliamo. A Roma, di Gesù Cristo si sapeva ancora meno. Uno storico, parlando dei cristiani della Città Eterna, afferma che “erano uomini che fomentavano disordini in nome di un certo Cresto”. Dunque, per quello che riguarda la vita di Gesù Cristo, le uniche fonti su cui possiamo basare la nostra indagine sono le Sacre Scritture. Scritture che sono, però, assai contrastanti tra loro, nel dipingere Gesù Cristo. Matteo, per esempio, sostiene le origini nobili ed aristocratiche di Gesù Cristo, discendente della stirpe di Re Davide; Luca, pur conservando questo connotato reale, lo descrive in maniera molto più umile; Marco, infine lo presenta come “un povero falegname”. Ancora, Luca lo dice originario di Betlemme, dove i genitori, originari di Nazareth, si sarebbero recati per sfuggire al censimento di erode; Marco, al contrario, ci dice che i genitori, assai benestanti, erano di Betlemme e da lì non si mossero mai. Quale sia la versione da accertare, rimane cosa difficile da stabilire. Alcuni elementi, però, ci fanno supporre che ad avere ragione sia Matteo. Gesù Cristo, infatti, come emerge analizzando il suo colloquio con i dottori del Tempio, era molto istruito: dunque, è cosa certa che avesse ricevuto un’educazione, quasi sicuramente da rabbi, maestro, predicatore. Oltre a questa incertezza, ci sono anche alcuni elementi (il più importante dei quali è la presenza, al momento del Natale, della cometa, in cui qualcuno ha riconosciuto la cometa di Halley) che fanno supporre che la vera data di nascita di Gesù Cristo sia da collocarsi al 6 od al 7 a.C.. Ritorniamo, però, al Gesù Cristo già cresciuto. I motivi del suo arresto e della sua condanna alla crocifissione, come emergerebbe dai “verbali” romani, sarebbero principalmente sedizione e ribellione al governo costituito, quello romano. Questo particolare ha fatto supporre alcuni studiosi che, politicamente, Gesù Cristo potesse appartenere alla fazione degli zeloti, “combattenti per la libertà”, nazionalisti, rivoluzionari, attivamente impegnati per scacciare dalla Palestina gli invasori Romani e spodestare Erode, sovrano fantoccio in mano ai conquistatori italici. Il fatto che Gesù Cristo abbia detto: “Diamo a Cesare quel che è di Cesare”, ad indicare l’obbedienza al governo costituito, deve essere preso con una certa cautela. Potrebbe trattarsi di un motto aggiunto in seguito, dai revisionisti dei Vangeli, allo scopo di ingraziarsi i romani. Far accettare al pubblico romano la parola, trasmessa tramite il Nuovo Testamento, di un uomo che era stato condannato per essersi ribellato al potere romano sarebbe stata cosa ardua. Dunque, possiamo vedere questo motto come un tentativo di gettare buona luce su Gesù Cristo agli occhi dei Romani. Tale animo “ribelle” di Gesù Cristo viene anche confermato dalle sue parole, quando afferma di essere venuto “non per portare la pace, ma la spada”.

Dal punto di vista religioso, invece, benché non sia appropriato usare tale termine, Gesù Cristo apparteneva forse alla setta degli esseni: Giovanni Battista era un esseno; la pratica del battesimo, che Gesù Cristo riceve proprio dal Battista, per portare un unico esempi noto a tutti, è una pratica essena. Gesù Cristo, dunque, sarebbe stato un ricco aristocratico ebreo, rabbi ambulante, nazionalista zelota ed esseno. Passiamo ora a presentare la Maddalena. Identificarla, almeno nei Vangeli canonici, non è cosa agevole. In essi, oltre alla Maria Vergine, compaiono altre donne con il nome di Maria. Una di queste è la Maria “peccatrice anonima” che, come leggiamo nel Vangelo di Luca 7, 36-50, durante un banchetto offerto a Gesù Cristo da Simone il Fariseo in Galilea, ad un tratto entra nella sala dove Gesù Cristo e gli Apostoli stavano mangiando per ungere i piedi del Maestro, asciugarli con i capelli, baciarli e, da Gesù Cristo, ricevere la remissione dei peccati. Altra Maria è la Maria di Betania, sorella di Marta (Luca, 10, 38-42), da Gesù Cristo lodata perché, mentre Marta “si agitava per molte cose di cui non c’era bisogno”, Maria aveva “scelto la parte migliore”. Questa sarebbe la stessa Maria dell’episodio della cena in Galilea e sorella, con Marta, di quel Lazzaro di Betania resuscitato da Gesù Cristo di cui leggiamo in Giovanni 11, 1-16. Altra Maria è Maria di Màgdala, donna “dalla quale erano usciti sette demoni” ad opera di Gesù Cristo, che, insieme con Gesù Cristo, andava con “i Dodici ed alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità […] e che li assistevano con i loro beni” (Luca, 8, 1-3). Questa Maria, ancora, sarebbe la donna che era presente alla Crocifissione con Giovanni e Maria Vergine e la donna alla quale Gesù Cristo apparve subito dopo la sua sepoltura e la sua resurrezione, la mattina di Pasqua. La Chiesa latina, attualmente, accomuna nella liturgia le tre distinte donne che abbiamo elencato sopra, donne che la liturgia greca, al contrario, commemora separatamente. L’identificazione delle donne è stata facilitata, oltre che dall’omonimia, da una sentenza di S. Gregorio Magno, che vide indicata in tutti i passi evangelici una sola e medesima donna. Stabilire le caratteristiche di questa donna è cosa più facile, anche se richiede la lettura trasversale dei Vangeli. Sappiamo, innanzitutto, che era ricca: nel citato passo di Giovanni, leggiamo che suo fratello Lazzaro era stato seppellito in un sepolcro privato, in giardino. Una tomba privata, dunque, cosa non proprio comune a quei tempi, considerando l’altissimo prezzo dei terreni e tutte le relative tasse da pagare ai Romani. Inoltre, sappiamo che la casa di Lazzaro, e quindi della Maddalena, era sufficientemente ampia per accogliere Gesù Cristo ed il suo seguito, non proprio esiguo. Marco ci descrive l’unguento con cui Maddalena unse i piedi di Gesù Cristo come molto prezioso, quindi si trattava di un bene di lusso. Altrove, leggiamo che, tra le sue amiche, era una donna moglie di un funzionario di Erode: allora, la Maddalena faceva parte del jet-set del tempo. Inoltre, il fatto che assistesse ben dodici uomini più Gesù Cristo, se stessa ed altre due donne con i suoi beni, indica che era sufficientemente benestante per questo compito. La sua origine benestante appare quasi accertata dunque: allo stesso modo, contemporaneamente, appare accertata la sua estrazione aristocratica. Alcune leggende agiografiche tarde, infatti, vedono la Maddalena appartenente alla tribù di Beniamino. Questa tribù, in origine, prima di una sanguinosa guerra che portò quasi alla sua estinzione, era la tribù stanziata nel territorio di Gerusalemme, città di cui i beniaminiti erano sovrani. Dunque, in un certo senso, la Maddalena era la diretta discendente degli antichi re di Gerusalemme.
La Maddalena viene generalmente definita come “peccatrice” e, da questo, riconosciuta come prostituta. Come se questo non bastasse, anche posseduta da ben sette demoni. Questa sfilza di caratteristiche negative attribuite a questa donna, però, potrebbero essere riconducibili solo ad una, e, vedendola bene, negativa in base al punto di vista. Nel Vangelo leggiamo che la Maddalena fu liberata da Gesù Cristo da “sette demoni”. Ora, la cerimonia di iniziazione di un antico culto, il culto di Ishtar o Astarte, la Dea Madre, constava proprio di sette passaggi. E la terra della Maddalena, Magdala, era famosa per l’allevamento di colombe a fini sacrificali. Le colombe sono gli animali sacri ad Astarte. E’ lecito ipotizzare, quindi, che la Maddalena fosse associata se non proprio al culto della Dea Madre, comunque ad una comunione dello stesso tipo. Per i primi padri cristiani, questa iniziazione al culto della Dea, che non aveva nulla a che fare con il cristianesimo ed anzi faceva parte di un culto che potremmo definire pagano, poteva apparire eretica ed empia. Dunque, l’abbandono da parte della Maddalena della sua antica setta e la “conversione”, meglio, l’adesione alla Parola poterono apparire, ai padri della Chiesa, come un esorcismo, operato da Gesù Cristo, nei confronti della peccatrice, che era tale solo perché non ancora convertita alla dottrina di Gesù Cristo. Anche perché non vi è motivo per cui una ricca donna aristocratica, come la Maddalena appariva essere, dovrebbe praticare il meretricio.

Prima di passare all’analisi delle fonti scritte, facciamo alcune considerazioni puramente logiche sulla vita di Gesù Cristo, considerazioni che possono farci comodo come base per la nostra ricerca. Innanzitutto, Gesù Cristo non ha mai condannato il matrimonio o, all’opposto, esaltato il celibato. Molti dei suoi apostoli erano sposati, per esempio. A conferma di questa posizione di Gesù Cristo, in Matteo, 19, 4-5, leggiamo queste parole: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina […] Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola?”. Oltre a questo, altri indizi. Abbiamo detto che Gesù Cristo era un rabbi: era cosa assai strana, per un rabbi ebreo, ma anche semplicemente per un ebreo in generale, essere celibe. Un autore del I secolo, per esempio, paragona il celibato volontario all’omicidio. Il maestro, in particolare, per obbligo, secondo la legge Mishnaica, era costretto a prendere moglie: “Un uomo non sposato non può essere maestro”. Possiamo ipotizzare che Gesù Cristo fosse chiamato maestro solo perché portatore della verità e non perché “ufficialmente” maestro. Tuttavia, il fatto che egli possa fare il suo ingresso nel Tempio e parlare con i suoi dottori ci suggerisce che questo titolo fosse cosa riconosciuta da tutti. Se Gesù Cristo non si fosse sposato, nella società ebrea di quel tempo avrebbe costituito quasi uno scandalo; costituendo un’eccezione, ipotizzando che i Vangeli siano più o meno affidabili, tale eccezione, come tante altre riguardanti Gesù Cristo, sarebbe sicuramente stata messa in evidenza.

Detto questo, vediamo cosa ci dicono i Vangeli, tutti, circa il rapporto tra la Maria Maddalena e Gesù Cristo. Per fare questo, ancora una volta, dobbiamo leggere le Scritture in maniera obliqua e trasversale, cercando di capire ciò che viene detto implicitamente. Cominciamo dai vangeli gnostici, quelli più espliciti. Nel Vangelo gnostico di Filippo, 32, leggiamo: “Erano tre, che andavano sempre con il Signore: sua madre Maria, sua sorella e la Maddalena, che è detta sua consorte. Infatti era «Maria» sua sorella, sua madre e la sua consorte”. Come se questo non bastasse, sempre in Filippo, 55 troviamo: “La consorte di Gesù Cristo è Maria Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla bocca. Gli altri discepoli allora gli dissero: «Perché ami lei più di tutti noi?» Il Salvatore rispose e disse loro: «Perché non amo voi tutti come lei?» Ora, oggettivamente, non si può negare che ci siano espliciti riferimenti al fatto che il legame tra la Maddalena e Gesù Cristo fosse ben più di un legame tra maestro e discepola o tra “guaritore e paziente”. Nei Vangeli canonici troviamo alcuni elementi in più. Elementi che, però, sono frutto di interpretazioni, più che di riferimenti chiari. Ma, in fondo, il Vangelo non è da leggersi soprattutto in chiave simbolica? Vediamo quali siano questi elementi. L’unica cerimonia esplicitamente identificata come matrimonio, nel Nuovo Testamento, sono “le nozze di Cana”: si tratta di una cerimonia tra due personaggi anonimi e modesti, cerimonia cui Gesù Cristo, con sua madre, viene invitato. Già in queste poche informazioni, troviamo qualcosa che non quadra. Prima di tutto, al tempo in cui viene celebrata questa cerimonia, Gesù Cristo non aveva ancora cominciato la sua opera di predicazione, quindi, in un certo senso, non era ancora “famoso”: perché, allora, viene invitato? E se anche fosse stato già uomo noto ed importante, perché alle nozze partecipa anche sua madre? Una spiegazione potrebbe essere che, in quanto aristocratici, Gesù Cristo e suo madre vengono invitati a questo matrimonio semplicemente come ospiti illustri. Vero, possibilità da considerarsi. Però ci sono altri elementi che fanno supporre che le nozze in questione siano quelle di Gesù Cristo. Vediamo l’episodio nel dettaglio. Ad un certo punto, durante il banchetto, il vino finisce. Maria Vergine, allora, chiede a Gesù Cristo di provvedere: “Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù Cristo gli disse: «Non hanno più vino.» E Gesù Cristo rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora.»” (Giovanni, 2, 3-4). Maria, a dispetto di quanto detto dal figlio, ordina ai servi: “Fate quello che vi dirà” (Giovanni, 2, 5). I servi obbediscono prontamente. Gesù Cristo, a questo punto, compie il suo primo miracolo, trasformando l’acqua in vino. E vino di qualità anche, come vedremo tra poco. Poco dopo, “il maestro di tavola chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu, invece, hai conservato fino ad ora il vino buono»” (Giovanni, 2, 9-10). Questo episodio, come detto, lascia perplessi per vari motivi. Primo: con quale diritto Maria e Gesù Cristo, semplici invitati, ordinano ai servi del loro ospite cosa fare, arrogandosi un diritto che spetta ai padroni di casa? Secondo: fino a quel momento, Gesù Cristo non aveva ancora compiuto miracoli, né aveva dato segno di poterne compiere; Maria, all’atto incredibile compiuto dal figlio, non manifesta nessuna incredulità; inoltre, è possibile che Gesù Cristo sprechi il suo “grande esordio” con un miracolo tanto banale e inutile come la trasmutazione dell’acqua in vino? Terzo: perché Maria vuole che sia Gesù Cristo a provvedere al vino, visto che loro erano semplici ospiti? Quarto: a che pro riportare le parole del maestro di tavolo dirette allo sposo? C’è un’unica spiegazione a questi quesiti: le nozze di Cana sono le nozze di Gesù Cristo. E la sposa, probabilmente, è Maria Maddalena. C’è un altro episodio che desta particolare attenzione e che, in un certo senso, confermerebbe il legame matrimoniale tra Gesù Cristo e Maddalena. Si tratta dell’episodio della resurrezione di Lazzaro. Vediamolo per intero nel testo evangelico:


Lazzaro […] era malato. Le sorelle [Maria e Marta], dunque, mandarono a dire a Gesù Cristo: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”. […] Or, Gesù Cristo amava Marta e sua sorella e Lazzaro; com’ebbe udito che egli era malato si trattenne ancora due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: “Torniamo in Giudea!” […] Come Marta ebbe udito che Gesù Cristo veniva, gli andò incontro; ma Maria stava seduta in casa. Marta dunque disse a Gesù Cristo: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto; e anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà”. Gesù Cristo le disse: “Tuo fratello resusciterà”. Marta gli disse: “Lo so che resusciterà, nella resurrezione, nell’ultimo giorno”. Gesù Cristo le disse: “Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà. E chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo? “ Ella gli disse: “Sì, Signore, io credo che tu sei il Gesù Cristo, il figlio di Dio che doveva venire nel mondo”. Detto questo, se ne andò e chiamò di nascosto Maria, sua sorella, dicendole: “Il Maestro è qui, e ti chiama”. Ed ella, udito questo, si alzò in fretta e andò da lui. […] Appena Maria fu giunta dov’era Gesù Cristo e l’ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. Quando Gesù Cristo la vide piangere e vide piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, fremette nello spirito, si turbò e disse: “Dove l’avete deposto?” Essi gli dissero: “Signore, vieni a vedere!” Gesù Cristo pianse. Perciò i Giudei dicevano: “Guarda come l’amava!” Ma alcuni di loro dicevano: “Non poteva, lui che ha aperto gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?” Gesù Cristo, dunque, fremendo di nuovo in sé stesso, andò al sepolcro. Era una grotta e una pietra era posta all’apertura. Gesù Cristo disse: “Togliete la pietra!” Marta, la sorella del morto, gli disse: “Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno”. Gesù Cristo le disse: “Non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio?” Tolsero dunque la pietra. Gesù Cristo, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre; ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu mi hai mandato.” Detto questo, gridò ad alta voce: “Lazzaro, vieni fuori!” Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti da fasce, e il viso coperto da un sudario. Gesù Cristo disse loro: “Scioglietelo e lasciatelo andare.”

Come si può vedere, è Marta e solo Marta a correre incontro a Gesù Cristo al suo arrivo a Betania, dove si trovava la casa dei tre fratelli. Maria, secondo la consuetudine ebraica, “sedeva in Shiveh”, sedeva in lutto. Sempre secondo la consuetudine, la sola persona che può permettere ad una donna che “siede in Shiveh” di uscire di casa è suo marito. Nel brano, è solo dopo che Gesù Cristo l’ha chiamata che Maria si muove da casa. Quindi, il comportamento di Gesù Cristo e Maria Maddalena è lo stesso di quello di una coppia ebrea sposata. Come abbiamo appena visto dall’analisi di due testi evangelici, gli indizi che fanno supporre che Maria Maddalena e Gesù Cristo siano stati marito e moglie non sono così campati per aria.

Se Maria Maddalena era la moglie di Gesù Cristo, allora Lazzaro, conseguentemente, era suo cognato. Questo legame di parentela, così come il matrimonio di Gesù Cristo, ovviamente non è dichiarato esplicitamente nel Vangelo. Tuttavia, la posizione di Lazzaro è senz’altro di livello molto elevato, nella “gerarchia” dei seguaci di Gesù Cristo. Vediamo perché. Un primo elemento a testimonianza dell’importanza di Lazzaro nella cerchia dei discepoli di Gesù Cristo è testimoniata dal fatto che, quando i sacerdoti del Sinedrio decidono di far arrestare Gesù Cristo, contemporaneamente ordinano l’assassinio di Lazzaro. Se questi non avesse avuto un ruolo importante nella vita di Gesù Cristo, a che scopo volere la sua morte? Ancora: nel brano della sua resurrezione, è più volte rimarcato l’affetto eccezionale che Gesù Cristo provava per Lazzaro. Nei Vangeli, compare un discepolo che non viene identificato con il nome, ma con il fatto che era quello “che Gesù Cristo amava”. Vista questa “coincidenza di affetti”, è possibile supporre che il discepolo e Lazzaro siano la stessa persona. Questa ipotesi è suffragata anche da un’altra considerazione. Al momento della Crocifissione, prima di spirare, Gesù Cristo affida sua madre Maria al discepolo di cui sopra. Ora, secondo la tradizione ebraica, a prendersi cura della madre dello sposo, nel caso questi non possa farlo, deve essere la famiglia della sposa: in questo caso, Lazzaro e Marta. Inoltre, nei Vangeli si dice esplicitamente: “E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”. Il riferimento ad una casa potrebbe essere semplicemente simbolico e da intendersi come “nella propria famiglia”. Tuttavia, va ricordato che tutti gli apostoli avevano abbandonato la propria casa per seguire Gesù Cristo e che il solo ad avere un’abitazione vera e propria era proprio Lazzaro.

Maria Maddalena e Gesù Cristo, moglie e marito. E’ possibile che i due avessero anche procreato, avessero dei figli? Nel Vangelo, chiaramente, anche in questo caso, tutto tace. C’è, però, una teoria interessante, proposta da alcuni studiosi delle Sacre Scritture, che riguarda il ladrone Barabba. Tutti, probabilmente, conosciamo l’episodio che lo riguarda: Gesù Cristo è stato condotto per la seconda volta da Pilato, il governatore romano, il quale, però, non vuole condannarlo a morte. Per liberarsi della responsabilità circa il destino del Salvatore, allora, sfrutta un’usanza ebraica (che studi hanno dimostrato sia assolutamente inventata), valevole soltanto nel periodo di Pasqua, che permetteva di liberare un prigioniero, condannato a morte, graziandolo. Pilato, allora, lavandosi le mani del destino di Gesù Cristo, chiama in causa il popolo: “Chi volete che salvi”, chiede, “Gesù Cristo o Barabba?” Il popolo, chiaramente, risponde Barabba, il quale viene liberato. E Gesù Cristo, in questo modo, va incontro al suo destino. Il personaggio Barabba, il cui nome completo è Gesù Cristo Barabba (incredibile, eh?) viene tradito dalle Sacre Scritture come un ladrone, un ribelle politico, un assassino, un fomentatore di rivolte. Di certo, non il tipo che un governatore un po’ coscienzioso dovrebbe rimettere in circolazione… Tuttavia, questi viene graziato. Perché? Alcuni filologi hanno cercato di stabilire l’etimologia del nome di Gesù Cristo Barabba: tra le varie ipotesi presentate, una sostiene che derivi da “Gesù Cristo bar Abba”, ossia, “Gesù Cristo figlio del padre”. Tale denominazione non significherebbe nulla, ovviamente, a meno di non intendere il “padre” come un padre celeste. Dunque Dio. O Gesù Cristo. In sostanza, seguendo questa proposta filologica, Barabba sarebbe stato il figlio di Gesù Cristo. Le obiezioni a questa proposta sono scontate: “Ma se Gesù Cristo aveva trentatré anni, com’è possibile che avesse giù in figlio adulto?” Una prima spiegazione a questo quesito ci è fornita dalla “reale” data di nascita di Gesù Cristo, il 7 a.C.. All’epoca della Crocifissione, Egli avrebbe avuto dunque quarant’anni. Ed ipotizzando che si sia sposato a 15-16 anni, come la tradizione ebraica voleva, le problematiche numeriche svaniscono. A questo va aggiunto anche il fatto che, nella cultura ebraica, si inizia ad essere considerati uomini raggiunti i 13-14 anni. Dunque, almeno matematicamente, il ragionamento non fa una grinza. Ovviamente, sui motivi per cui Barabba figlio di Gesù Cristo sia stato condannato a morte, i dubbi sussistono e sono tanti. L’unica spiegazione logica è che sia stato catturato anch’egli per volere del Sinedrio semplicemente perché erede. E che, allo stesso modo, sia stato graziato dal popolo perché erede e non colpevole direttamente delle colpe del padre Gesù Cristo.

Da quanto osservato, appare chiaro che qualcuno si sia adoperato per insabbiare i fatti che riguardano il legame tra Gesù Cristo e la Maddalena, o, almeno, per rendere questo legame meno esplicito. Chi è stato, però? La Chiesa? O gli stessi apostoli e primi cristiani? Ognuna di queste possibilità è avvallata da molteplici motivazioni. Per quello che riguarda la Chiesa, l’insabbiamento del matrimonio di Gesù Cristo ha un’unica motivazione forte. Un’eventuale progenie di Gesù Cristo, se fosse sopravvissuta nei secoli, avrebbe potuto accampare diritti sulla guida della Chiesa. Addirittura, avrebbe potuto accampare diritti sulla guida politica di tutti gli stati cristiani, compresa la città di Gerusalemme. Inoltre, avrebbe potuto accampare diritti anche sulla guida dell’islamismo: Gesù Cristo, infatti, per i musulmani è un profeta al pari di Maometto. Insomma, la famiglia di Gesù Cristo avrebbe potuto diventare la plenipotenziaria guida politica e spirituale di gran parte del mondo. Le alte gerarchie della Chiesa, per evitare quanto spiegato più sopra, si sarebbero quindi adoperate per nascondere ogni traccia del legame tra Gesù Cristo e la Maddalena manipolando i testi evangelici e tutti quegli altri testi sacri in cui potessero essere contenuti riferimenti al loro legame. Per infangare ulteriormente il nome della Maddalena, poi, è possibile che la donna sia stata apposta dipinta come una peccatrice e prostituta. In questo modo, sarebbe apparso improbabile a tutti che il Salvatore si fosse legato ad una donna di tale risma. Tali connotati, però, hanno finito per rivoltarsi contro quanti li avevano ideati. Il fatto che una peccatrice come la Maddalena sia entrata a far parte dei seguaci di Gesù Cristo, infatti, ha finito per farla diventare il prototipo della peccatrice redenta, personificazione del motto secondo cui "più caro è a Dio l’uomo che si pente e torna nel gregge dal quale si è allontanato". Altra motivazione plausibile per l’insabbiamento: il vedere Gesù Cristo come un padre avrebbe implicato, da parte sua, l’aver commesso un peccato carnale e, quindi, la predominanza della sua componente umana su quella divina. Quindi, Gesù Cristo non sarebbe più apparso il Messia, diretta emanazione di Dio, che la profezia biblica tanto pubblicizzava. E’ così sbagliato, però, così insensato pensare che Gesù Cristo si possa essere riprodotto? Per quanto, in casi come questi, fare affidamento alla logica sia sbagliato, proviamo a fare un ragionamento dal sapore aristotelico. Ci serve, per questo, porci un quesito: perché il Logos, il Verbo, la Parola di Dio, insomma, si fece carne in Gesù Cristo? Per due motivi, sostanzialmente, che, ad esempio, ci sono spiegati con grande perizia ed abilità poetica (cosa che non guasta mai) da Dante, nel canto VII del Paradiso. Il primo di questi motivi era annunciare al mondo l’inizio del nuovo “rapporto” tra Dio e l’uomo ed il prossimo avverarsi del Regno di Dio. Il secondo motivo, come si sente spesso dire in chiesa, fu salvarci: Adamo ed Eva, mangiando il pomo dall’Albero della Conoscenza, per quanto su tentazione diabolica, peccarono di superbia, volendo innalzarsi allo stesso livello di Dio. La punizione per tale atto, come sappiamo, fu la cacciata dal Paradiso Terrestre e la condanna di tutto il genere umano. Ma Dio, che è infinitamente buono, volle perdonare la sua creatura più imperfetta. Il misero sacrificio di un uomo, però, non sarebbe bastato a rimediare ad una così grave colpa: solo il sacrificio di un essere “divino”, “superiore” come solo Dio poteva essere avrebbe ripagato tale offesa, avrebbe compensato la gravità del Peccato Originale. Dunque, Dio inviò suo Figlio, Gesù Cristo, per rimediare all’errore dei nostri antenati: la divinità Gesù Cristo volle sacrificare sé stesso per rimediare al Peccato Originale al posto degli uomini e, contemporaneamente, l’uomo Gesù Cristo fu l’essere umano che si sacrificò per tutti gli altri esseri umani, in nome della “nuova ed eterna alleanza”. Contemporaneamente, la forma del sacrificio di Gesù Cristo, ossia la sua violentissima lapidazione e l’altrettanto terribile crocifissione, fu una sorta di “contentino” per il popolo ebraico, che in questo modo ebbe occasione di vendicarsi su Dio stesso della cacciata dei progenitori dal Paradiso Terrestre. Una “giusta vendetta giustamente punita”. Vista, allora, la consustanzialità di Gesù Cristo, che era uomo e divinità, appare così strano pensare che, come uomo, possa essere stato animato dal desiderio per la Maddalena? Il “non commettere atti impuri” non deve condizionarci: il comandamento si riferisce agli atti di libidine commessi con la volontà di ricerca del piacere; il rapporto sessuale dettato dall’amore, come poteva essere quello di Gesù Cristo per la Maddalena, non può essere considerato come lussuria, ma come definitivo atto di unione, materiale e spirituale, tra due anime affini, ripetizione del miracolo della vita, che, in un certo senso, accomuna a Dio. Appare così impossibile, quindi, così blasfemo vedere la Maddalena come la sposa di Gesù Cristo ed, eventualmente, la madre dei suoi figli? Per la Chiesa, evidentemente, sì. E se ad insabbiare il legame tra Gesù Cristo e la Maddalena fossero stati gli stessi Apostoli? Perché questo sarebbe avvenuto? Principalmente, possiamo pensare, per una motivazione razziale. Se, infatti, Gesù Cristo avesse sposato la Maddalena, alla morte di Gesù Cristo sarebbe stata la sua consorte la diretta continuatrice della sua predicazione, la “pietra sulla quale fondare la Chiesa”: questo, ovviamente, avrebbe spodestato Pietro dal suo ruolo di primo degli Apostoli. Vedere una donna, un essere dello stesso sesso di Eva, la creatura che aveva causato la dannazione del genere umano, a capo della più grande istituzione della storia, chiaramente, non era cosa ammissibile, soprattutto se consideriamo che la società ebraica, da cui tutti gli Apostoli venivano, teneva un comportamento assai rigido con il genere femminile: per fare un esempio, nella preghiera quotidiana, l’ebreo maschio ringraziava Dio per non essere nato infedele, donnao schiavo e nel Talmud, la raccolta delle tradizioni ebraiche, si legge: “Si brucino le parole della Legge, ma non siano comunicate alle donne”. E’ per questa “ostilità” nei confronti delle donne che gli Apostoli, quando la Maddalena andò ad annunciare loro la resurrezione di Gesù Cristo, “non le vollero credere” (Marco, 16, 11) e presero le loro parole come un vaneggiamento (Luca, 22, 11). Al contrario, è probabilmente per il suo amore per Maria Maddalena che Gesù Cristo si manifestò prima a lei, che non ad uno degli altri Apostoli uomini, rendendola così testimone del più grande dei miracoli.

Quali siano i motivi sul silenzio di quello che noi vediamo come un possibile e probabile matrimonio tra Gesù Cristo e la Maddalena, a noi non interessa sapere: per cui ci piace e vogliamo credere che, come qualsiasi altro uomo, come Gesù Cristo in parte era, il Salvatore si sia innamorato di una donna, l’abbia sposata e, magari, abbia avuto da lei degli eredi. A questo punto, però, nasce un altro problema: che fine ha fatto la Maddalena e la sua eventuale discendenza dopo la Crocifissione? Alcuni elementi per rispondere a questa domanda ci vengono suggeriti nuovamente dai Vangeli apocrifi. Nel Vangelo di Nicodemo, 11, 5, leggiamo ciò che la Maddalena disse subito dopo la morte di Gesù Cristo: “Maria Maddalena disse piangendo: «Ascoltate, popoli, nazioni e razze, e apprendete con quale morte gli empii Giudei hanno ricambiato gli innumerevoli benefici loro fatti! Ascoltate e meravigliatevi! Chi farà udire queste cose per tutto il mondo? Io, sola. Andrò a Roma, da Cesare, e gli riferirò quale delitto ha commesso Pilato, per dar retta agli empi Giudei!». Il Cesare in questione (Cesare, con augusto, era il titolo di tutti gli imperatori di epoca romana imperiale ed indicava che erano comandanti in capo di tutti gli eserciti romani) era l’augusto Tiberio, figlio adottivo di Cesare Ottaviano Augusto ed imperatore romano dal 14 al 37 d. C.. Riguardo i rapporti di Tiberio con il cristianesimo, ci sono voci discordanti. Secondo una leggenda diffusa in ambienti cristiani, dopo la Crocifissione, Tiberio, meravigliato dalla notizia della resurrezione e dell’ascensione al cielo di Gesù Cristo, propose al senato di riconoscere Gesù Cristo come dio, comprendendolo tra gli altri dei che popolavano il complesso sistema politeistico romano; il senato, però, rifiutò: non tanto perché non riteneva Gesù Cristo di origine divina, quanto per “capriccio”, per il gusto di opporsi a Tiberio, imperatore mai troppo amato dai suoi. Al contrario, smentendo questa idea di proto-cristianità di Tiberio, si dice che l’imperatore considerasse i cristiani più con distacco ed indifferenza che con rispetto: egli nutriva indifferenza per gli dei, in quanto, amante dell’astronomia, considerava ogni cosa come frutto della casualità del destino. Non prese alcun provvedimento nei confronti di Pilato: evidentemente la morte di Gesù Cristo veniva vista come un errore giudiziario causato dall’incapacità decisionale del prefetto. Detto questo, del viaggio della Maddalena presso Tiberio abbiamo testimonianza nella lettera inviata da Tiberio a Pilato, contenuta nel Ciclo di Pilato, nei Vangeli apocrifi: ma si tratta evidentemente di un falso realizzato nel Rinascimento, come si deduce facilmente analizzando il latino in cui è scritta. Secondo alcune altre leggende agiografiche, dopo la Crocifissione la Maddalena avrebbe abbandonato la Palestina. Riguardo suoi compagni di viaggio, varie sono le ipotesi: per alcuni Maria viaggiò in compagnia di Maria Vergine, Giuseppe di Arimatea, Lazzaro e Marta e San Massimino. Varie sono anche le supposizioni sulla sua destinazione: alcuni dicono Efeso, dove sarebbe morta, altri Costantinopoli, altri ancora il sud della Francia, le coste marsigliesi, allo scopo di evangelizzare quei territori. Tale ultima ipotesi viene suffragata da una leggenda medioevale del VI secolo, tradita da Gregorio di Tours. Secondo tale leggenda, la Maddalena, Giuseppe di Arimatea, Lazzaro e Marta sarebbero sbarcati sulle coste marsigliesi subito dopo la Crocifissione. Da qui, Giuseppe di Arimatea si sarebbe recato in Inghilterra, dove avrebbe fondato la chiesa di Glastonbury. Maddalena, invece, sarebbe rimasta in Francia ed avrebbe vissuto gli ultimi trent’anni della sua vita da eremita all’interno del monte Sainte Baume, in Provenza, ove si sarebbe recata al seguito di San Massimino. Verrebbe da chiedersi il perché di un viaggio fino in Francia. Pare che in quei luoghi si possa rintracciare una presenza ebraica non di poco conto già a partire dal I secolo a.C.. Tale colonia si sarebbe poi accresciuta nel periodo compreso tra il 66 ed il 74 d. C., in seguito alla prima rivolta ebraica contro i Romani. Dunque la Maddalena potrebbe aver abbandonato la Palestina o subito dopo la Crocifissione o in questo periodo, quando aveva circa sessant’anni. Proprio in Provenza, tra l’altro, sarebbe stata individuata la tomba della santa. Pare che il 18 dicembre 1279, infatti, il principe Carlo II d’Angiò, nipote di Luigi di Francia, appassionato di archeologia, abbia rinvenuto un sepolcro che, aperto alla presenza dei vescovi di Arles ed Aix, rivelò la presenza di uno scheletro ed alcuni documenti. Quello appariva a tutti i testimoni come il sepolcro della Maddalena. Recenti studi, però, hanno stabilito come i documenti contenuti del sarcofago fossero falsi e come falso, allo stesso modo, fosse il corpo.
Un’altra teoria molto affascinante circa i compagni di viaggio della Maddalena nella sua fuga dalla Palestina contempla, tra questi personaggi, addirittura Gesù Cristo. Secondo questa teoria, Gesù Cristo non sarebbe morto sulla croce, ma sarebbe sopravvissuto alle sofferenze ed avrebbe scortato la propria consorte in giro per il Mediterraneo. Vediamo di capire come questa teoria possa essere nata e possa essere plausibile. Il terribile procedimento cui viene sottoposto Gesù Cristo era abbastanza comune, a quei tempi: il prigioniero veniva prima flagellato in maniera dolorosissima, affinché la perdita di sangue lo indebolisse; in seguito, le braccia gli venivano fissate, generalmente con delle cinghie di cuoio, ad un’asse orizzontale con la quale avrebbe raggiunto il luogo della propria esecuzione; lì, infine, l’asse veniva fissata ad un palo, le braccia ed i piedi inchiodati. La morte poteva avvenire per vari motivi. Setticemia: a causa dei chiodi che infettavano le ferite; soffocamento: se le gambe non venivano inchiodate, tutto il peso del corpo stava sulle braccia e questo impediva al crocifisso di respirare; stenti o debilitazione a causa delle ferite. La rottura delle ginocchia, che veniva praticata quando il prigioniero era vicino alla fine, era considerato un atto pietoso: mancando l’appoggio delle gambe, il prigioniero moriva soffocato in breve tempo. Gesù Cristo subisce una crocifissione “standard” e le sue gambe non vengono spezzate, perché, quando questo sta per avvenire, “egli rese lo spirito”. Aggiungiamo un altro elemento. Prima di morire, sappiamo che gli fu porto un batuffolo di cotone imbevuto di vino acetato: questo non avrebbe dovuto dissetarlo; al contrario, le sostanze contenute nell’aceto avrebbero agito da “eccitanti”, ridandogli energia e prolungando la sua agonia. Ancora: a chiedere a Pilato il permesso per prendere il corpo di Gesù Cristo è Giuseppe di Arimatea. L’uomo, nel chiedere al governatore tale concessione, usa il termine greco soma, che indica un corpo ancora vivo. Pilato, nel rispondere, acconsente che Giuseppe prenda il ptoma, termine che indica un cadavere. Dunque, Giuseppe di Arimatea chiede il corpo di un uomo ancora vivo. Mettiamo insieme tutti gli elementi: Gesù Cristo, consapevole della sua prossima fine, si è accordato con Giuseppe di Arimatea, amico di Pilato e uomo di potere nel Sinedrio, affinché questi lo vada a “salvare” sulla Croce prima che sia troppo tardi. L’aceto che gli viene somministrato non era aceto, ma una qualche sostanza che doveva farlo parere morto, affinché non gli fossero rotte le gambe. Tutto questo con il tacito consenso del corrotto Ponzio Pilato e dei soldati romani, pagati, forse da Giuseppe di Arimatea. Una volta deposto dalla Croce, il corpo di Gesù Cristo sarebbe stato fintamente portato al sepolcro e seppellito. Tutto questo, pur affascinante, lascia però aperta una questione: accettando il ragionamento, com’è possibile che Gesù Cristo, in soli tre giorni, si sia ristabilito completamente e sia potuto apparire di fronte alla Maddalena, alle guardie, ai saggi del Sinedrio? Appare più logica un’altra teoria. Quella che sostiene che ad andare sulla croce non sia stato Gesù Cristo, ma una “controfigura”. Teorie fantasiose, ma comunque interessanti.

Riassumendo la trama de Il codice Da Vinci, abbiamo visto come Dan Brown affermi che la stirpe nata da Gesù Cristo e dalla Maddalena abbia poi dato origine alla casa dei Merovingi, che dominarono nel sud della Francia tra il V ed il IX secolo. A confermare, in un certo senso, i rapporti tra la dinastia dei Merovingi e le loro origini ebraiche è la “simpatia” che essi provavano per gli ebrei, rafforzata anche da alcuni matrimoni tra le due parti. I Merovingi “erano iniziati a scienze occulte ed erano noti anche come ‘re taumaturghi’, ossia in grado di guarire con la sola imposizione delle mani. Quando morivano veniva praticato sul loro cranio un foro […] per consentire all’anima di unirsi col divino e non rimanere intrappolata nel corpo”. I Merovingi erano anche considerati portatori di un sangue prezioso, dai poteri sovrumani. Come quello di Gesù Cristo. La zona di dominazione merovingia era soprattutto quella corrispondente all’odierna Linguadoca. Anche parlando delle mete del possibile viaggio della Maddalena abbiamo incontrato il sud della Francia, la Provenza. E’ inevitabile, a questo punto, parlando della Provenza, citare il piccolo paese di Rennes Le Chateau. Tanto si è scritto e tanto si scriverà su questo borgo vicino ai Pirenei, dunque è inutile dilungarsi qui con la descrizione degli elementi che collegano Rennes Le Chateau alla Maddalena ed al Graal. L’unica cosa che è bene ricordare e che si collega al nostro discorso, però, è il legame stretto tra Rennes Le Chateau ed il Priorato di Sion. L’esistenza e le caratteristiche di questa società segreta sono rimaste avvolte nel mistero fino al 1967, quando, nella Bibliothèque Nationale di Parigi, furono scoperte alcune carte note come Les Dossiers Secrets. I Dossier Segreti, formati da articoli di giornale, fotografie, carte genealogiche, contengono anche una sorta di breve storia della setta ed un elenco di tutti i Gran Maestri, tra i quali spiccano grandi personalità della cultura e dell’arte come Sandro Botticelli o Leonardo Da Vinci. Oltre a questo, i Dossier conterrebbero anche i nomi delle famiglie nate dall’unione di Gesù Cristo e la Maddalena: i Merovingi, i Blanchefort, i Saint-Clair ed i Plantard e le genealogie dei Re di Gerusalemme e di Goffredo di Buglione, fondatore del Priorato. Gran parte di queste famiglie, come infinite, minuziose ricerche hanno dimostrato, hanno sempre avuto legami con famiglie e casati che, durante tutta la storia, hanno cercato, in vari modi, di prendere il potere su gran parte dell’Europa. Se dobbiamo prestare fede ai documenti segreti, la paura della Chiesa che la genie di Gesù Cristo cercasse di mettere le mani su molti stati europei era fondata. Il fondatore dell’ordine fu Goffredo di Buglione, il grande organizzatore della Prima Crociata, il conquistatore di Gerusalemme. Il discendente segreto dei grandi sovrani Merovingi. Il Priorato di Sion è strettamente connesso con un’altra istituzione: l’Ordine del Tempio, i Templari. Esso è stato fondato in Terra Santa nel 1118 ad opera di un cavaliere della Champagne, Ugo di Payns, ed altri otto suoi “colleghi”. Nato con l’apparente funzione di proteggere i pellegrini in viaggio in Terra Santa dagli attacchi dei briganti, in realtà l’Ordine, braccio armato del Priorato, aveva come scopo controllare e sorvegliare quei “luoghi caldi” e, contemporaneamente, cercare qualcosa a Gerusalemme, al di sotto della loro sede, il Templum Domini, costruito, si dice, sopra il colle sul quale era stato edificato il Tempio di Gerusalemme di Salomone. In sostanza, il Priorato di Sion avrebbe creato i Templari con lo scopo di cercare qualcosa a Gerusalemme, consegnarlo e custodirlo. Riguardo l’oggetto della loro ricerca sono state fatte varie ipotesi: c’è chi dice che essi cercassero la famosa fonte Q, il “Vangelo” scritto da Gesù Cristo stesso; c’è chi pensa che cercassero il famoso Diario della Maddalena, che oggi possediamo soltanto in minima parte; c’è chi dice che essi cercassero le prove del matrimonio tra Gesù Cristo e la Maddalena o, addirittura, l’Arca dell’Alleanza od il Santo Graal. Qualunque cosa fosse, era la prove delle ascendenze illustri di Goffredo di Buglione, della sua discendenza da Gesù Cristo: questo, come era suo volere, gli avrebbe permesso di avanzare pretese su gran parte della Francia e della Germania, i territori conquistai dai suoi antenati. Evidentemente le ricerche andarono a buon fine, visto che nove anni dopo la fondazione dell’Ordine, i nove cavalieri fecero ritorno in Francia. I due ordini operarono in sintonia fino alla loro scissione, nota come “taglio dell’olmo”: quando i due ordini si divisero, i Templari continuarono ad operare più o meno pubblicamente, fino al loro sterminio, completatosi nel 1307 con il rogo dell’ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay; il Priorato, invece, entrò in clandestinità, adottando il nome di “Rosa Cruce Veritas” o “Ormus”, dal francese orme, cioè olmo: da questo si sarebbe poi sviluppata la società segreta nota come Rosacroce. Tale società segreta aveva, tra le sue caratteristiche, la creazione di un nuovo ordine e la “distruzione” dell’ordine religioso imposto dalla Chiesa Cattolica. Dunque, nuovi elementi a suffragio dell’idea secondo cui la Chiesa avrebbe nascosto la “famiglia” per motivi di potere.

Il punto di partenza per tutto il discorso fin qui condotto è stato il thriller Il codice Da Vinci di Dan Brown. Pur presentandosi come un prodotto di fantasia, anche se di base “storica”, per il tema che viene in esso trattato, il libro ha suscitato un vespaio di discussioni e di polemiche. In particolare, a questo proposito, assai pertinente (ed un ottimo punto di partenza per completare il discorso fin qui condotto) mi è sembrato l’articolo di Massimo Introvigne apparso su Il Timone. Mensile di formazione e informazione apologetica, anno VI, n. 31, Fagnano Olona (Varese), marzo 2004, pp. 47-49, dal titolo Il codice Da Vinci. Pur rispettando il punto di vista di Introvigne, comunque apertamente contrario all’autore del romanzo, e le sue idee, mi permetto di fargli osservare che considerare il romanzo un “cumulo di affermazioni a dir poco ridicole” è cosa esagerata ed irrispettosa, in un certo senso. Sia del lavoro dello scrittore, sia dell’intelligenza dei lettori, che, ovviamente, non prenderanno quanto leggeranno come oro colato, dando magari origine da un nuovo movimento eretico chiamato, perché no, “brownismo” o andando davanti San Pietro urlando: “Giovanni Paolo facci sapere! Giovanni Paolo facci sapere!”. Massimo Introvigne porta sicuri contributi e testimonianze a rafforzare la sua aspra critica al romanzo; ma, come diceva Nietzsche, “non esistono fatti, ma solo interpretazioni” e la storia, come diceva qualcun altro, viene sempre scritta dai vincitori e chi siano in questo caso i vincitori, è facile immaginarlo. Facciamo un esempio. Nel romanzo, importanza capitale riveste il Concilio di Nicea, il primo, voluto dall’imperatore Costantino nel 325 d. C.: nella trama de Il Codice Da Vinci, questo avvenimento viene visto come un momento fondamentale nella storia della Chiesa, il momento in cui viene deciso di nascondere il segreto del matrimonio di Gesù Cristo con la Maddalena e di non comprendere i Vangeli gnostici nelle Scritture del Nuovo Testamento per i motivi che abbiamo elencato in precedenza, ma soprattutto perché testimonianze del legame tra il Salvatore e Maria. Dice Introvigne, a questo proposito: “Solo la diffusa ignoranza religiosa spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale cumulo di affermazioni a dir poco ridicole. Ci sono testi del primo secolo cristiano dove Gesù Cristo è chiaramente riconosciuto come Dio. All’epoca del Canone Muratoriano – che risale circa al 190 d.C. – il riconoscimento dei quattro Vangeli come canonici e l’esclusione dei testi gnostici era un processo che si era sostanzialmente completato, novant’anni prima che Costantino nascesse.” Vediamo, con un rapido excursus storico, come gli elementi che giocano a favore di Introvigne si prestino ad una lettura diversa. Il Concilio di Nicea, iniziato il 19 giugno del 325 d.C. e protrattosi per i due mesi successivi, fu voluto da Costantino per due motivi fondamentali: stabilire una data comune per la Pasqua (dunque per stabilire definitivamente la data della Resurrezione) e riportare unità ed armonia nella Chiesa Cristiana, dilaniata, in quel periodo, dall’eresia ariana. Già da questo primo elemento si può capire quali fossero le intenzioni di Costantino: i cristiani stavano assumendo sempre maggiore rilievo negli equilibri politici e sociali dell’impero. Riportare ordine in esso, unità e comunione di intenti, sarebbe stata opera meritoria ed avrebbe sicuramente portato all’imperatore ed alla sua politica grande appoggio da parte della nuova religione ed i suoi adepti. Ma torniamo ai fatti. L’arianesimo aveva avuto origine dalle tesi del cristiano di Alessandria d’Egitto Ario, che sosteneva che Gesù Cristo non fosse una divinità, ma “la prima e la più importante delle creature di Dio” (dunque una creatura imperfetta, dunque soggetta al peccato) e che, a differenza di Dio, che “è senza principio”, Gesù Cristo aveva avuto un inizio e che “prima di essere generato non esisteva”. Per farla breve, Ario vedeva Gesù Cristo semplicemente come un uomo, come profeta di Dio e non partecipante, dunque, alla sostanza divina del Padre. Il concilio si concluse con la condanna dell’arianesimo ed il riconoscimento della consustanzialità di Gesù Cristo, come ben sottolineato dal “credo niceno”, formulato durante il Concilio proprio per ribadire quanto stabilito:

Crediamo in un solo Dio, padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili. E in un solo Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, unigenito e nato dal Padre e della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato e non creato, consustanziale al Padre, per mezzo di Lui tutte le cose sono state create, in cielo ed in terra; per noi uomini e la nostra salvezza discese dal cielo e si incarnò, si fece uomo, patì ed il terzo giorno resuscitò, salì al cielo e verrà per giudicare i vivi e i morti. E nello Spirito Santo.

A rendere questo possibile, in particolare, fu soprattutto l’intervento dell’imperatore Costantino (pare che il termine consustanziale, in greco hoomousios, sia stato stabilito proprio dall’imperatore), “colpito” dal cristianesimo, vuole la tradizione, in seguito ad un sogno, il quale, appoggiando la dichiarazione di fede scaturita dall’accordo tra lo schieramento origenista guidato da Eusebio di Cesarea e quello rigidamente antiariano di Alessandro di Alessandria, Osio di Cordova e Marcello di Ancira, stabilì definitivamente la doppia natura di Gesù Cristo, “generato, ma non creato”, e portò alla deposizione di Ario, fatta decretare precedentemente da Alessandro di Alessandria, ed alla condanna delle dottrine ariane ed all’esilio dei suoi sostenitori, Ario, Eusebio di Nicomedia ed altri. Come si vede da questo breve e condensato excursus storico, la natura divina di Gesù Cristo è stata effettivamente decisa a tavolino (e grazie soprattutto all’intervento di un politico, non di un ecclesiastico) ed in maniera non unanime da tutti i “cristiani” (inteso come credenti nella predicazione di Gesù Cristo). E’ stato solo più tardi, nel Concilio di Costantinopoli del 381, a vedere l’unità e trinità di Dio, Gesù Cristo e Spirito Santo. A voler essere ancora più precisi, come Introvigne insegna, il Canone scoperto da Ludovico Antonio Muratori, la cui “denominazione non è appropriata” in quanto “il documento non ha ancora la pretesa di essere tale”, altro non è che “una rapida rassegna dei testi della letteratura neotestamentaria in uso a Roma durante il II secolo. Non vi sono elencati tutti gli scritti compresi oggi nel canone tridentino e ve ne sono invece taluni più tardi esclusi. […] Solo a partire dal IV secolo si trova usata la parola canone per indicare un elenco di scritti neotestamentari ufficialmente autorizzati da qualche Sinodo.” La rilevanza esclusivamente politica del Concilio assume contorni ancora più chiari se si considera che Costantino, al momento del Concilio, non si era affatto convertito al cristianesimo: aderì alla religione di Gesù Cristo soltanto in punto di morte, quando la conversione era inevitabile per motivi pratici. Al contrario, Costantino fu per tutta la vita sacerdote del Culto del Sole Invitto, un culto che cercò di fondere con i dogmi del cristianesimo. Per esempio, in base al Culto del Sole Invitto, il giorno di riposo era la domenica, il giorno del sole; per i cristiani, il sabbath, il sabato ebraico. Sappiamo, oggi, quale sia per i cristiani il giorno di riposo… Dunque, è difficile vedere preoccupazione per le sorti del cristianesimo in un uomo che non era cristiano. Ancora una cosa: il fatto che “l’idea stessa di un «codice Da Vinci» nascosto nelle opere dell’artista italiano è stata definita «assurda» dalla professoressa Judith Veronica Field, docente alla University of London e presidentessa della Leonardo Da Vinci Society” non può e non deve essere preso come Verità. E’ ovvio che la professoressa Field ha più conoscenze specifiche dell’autore di questo scritto, ma escludere a priori qualsiasi tipo di messaggio nascosto da parte di una mente grande come quella di Leonardo non può escludere, contemporaneamente, che il grande artista fosse all’oscuro di segreti di qualsiasi tipo. In fondo, il suo interesse per quella parte dello scibile umano che non si impara sui libri è ben nota e documentata ed anche il suo nascondere, nei propri dipinti, messaggi nascosti è cosa ben documentata: il grande Sigmund Freud, per esempio, vide nelle figure maschili dipinte da Leonardo, tutte caratterizzate da un che di femmineo, la sublimazione di un’omosessualità latente; di questo, ancora, si troverebbe traccia in un ricorrente incubo infantile di Leonardo, di cui l’artista parla a margine del suo studio sugli uccelli: l’incubo di un nibbio che si posava sulla sua culla e lo percuoteva in bocca con la coda. Freud spiega che la coda in bocca evoca la fellatio, mentre il nibbio simboleggia la madre in veste androgina, caratterizzata dall’attributo sessuale maschile. Questo incubo riemergerebbe nella Sant’Anna, dove, nel panneggio della Vergine, sarebbe nascosto il nibbio dell’incubo. Per concludere e non tediare ulteriormente chi sta leggendo, posso solo invitare Massimo Introvigne a non essere eccessivamente rigido sulle proprie posizioni, a non allontanare qualsiasi lecito dubbio, unico strumento, secondo me, di indagine critica e di crescita personale e universale. E chi parla è un “cristiano convinto”, che crede in Dio, in Gesù Cristo e nel Vangelo, ma che non vuole rimanere fossilizzato nelle proprie convinzioni per paura di avere dubbi o di porsi domande ma, al contrario, vuole allargare i propri orizzonti di visione del mondo.

In conclusione, che ci si voglia credere o no, il rapporto tra Gesù Cristo e Maria Maddalena è una delle (possibili) “love story” più interessanti della storia dell’uomo. Peccato che della loro storia d’amore manchi il lieto fine…

BIBLIOGRAFIA
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·I Vangeli e gli Atti degli Apostoli, note e commento di Pierre de Beaumont, Bologna, EDB, 1975.
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Malcolm Barber, La storia dei Templari, trad. it., Casale Monferrato, Edizioni PM, 1997.
·Dan Brown, Il Codice Da Vinci, trad. it., Milano, Mondadori, 2003.
·Simon Cox, I Segreti del Codice Da Vinci, trad. it., Torino, Edizioni L’età dell’Acquario, 2004.
·Maddalena, my fair Lady, di Anna Sartorio, dal quotidiano" Libero" il 28/10/04, pag. 19 -
La storia dell’uomo. Peccato che della loro storia d’amore manchi il lieto fine…