martedì 16 dicembre 2008

Vita, disporne liberamente

IL FATTO:

Il filosofo cattolico Vittorio Possenti, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, critica l’idea - portata avanti dal Vaticano - che la vita sia “indisponibile”, con un articolo su “Il Foglio”.

In questo intervento affronto tre problemi: 1) quale fondamento possiede l’assunto che la propria vita è assolutamente indisponibile? 2) nel rapporto tra Persona e Tecnica (medica e biologica) non stiamo entrando in una zona di rischio e confusione? 3) esiste un obbligo assoluto di curare e di curarsi a qualsiasi costo? Basta aver articolato le domande per coglierne l’onnipresenza nei dilemmi biopolitici dell’ora, concernenti la futura legge sulla fine della vita, la portata delle indicazioni anticipate di trattamento, il rapporto medico-paziente, il dettato della nostra Costituzione in merito.

1) Nell’eccitata discussione in corso da anni, e ultimamente infiammatasi, in ordine ad una legge che stabilisca alcuni (pochi) criteri per la fase finale della vita, decisiva è la questione se la propria vita sia entro certi limiti disponibile o viceversa totalmente indisponibile. Quale che sia la risposta, essa deve essere sostenuta da argomenti riconoscibili e sottoposti ad esame. Vale la pena di sottolineare che si tratta della propria vita, non di quella altrui che in linea di principio è e rimane indisponibile: anche questo supremo criterio non è senza eccezioni, potendo lo stato domandare per motivi di difesa e di solidarietà sociale il sacrificio della vita dei cittadini in vista del bene comune, come accade nelle guerre presumibilmente giuste. In Italia vi sono culture che sostengono che la propria vita è sotto certe condizioni disponibile per il soggetto, ed altre che viceversa ritengono che la propria vita sia un bene del tutto indisponibile e che addirittura la nostra Carta costituzionale abbia stabilito una volta per tutte tale indisponibilità.
I sostenitori della prima posizione dicono ‘la vita è mia e la gestisco io’, un’affermazione diversa da quella che dice ‘l’utero è mio e lo gestisco io’, poiché nell’utero ci può essere un altro che non sono io. Al contrario la seconda posizione ritiene che il soggetto non abbia diritto a decidere sulla propria vita: non spetterebbe alla persona stabilire alcunché sulla fine della propria vita, né sussisterebbe un diritto ad essere ascoltato in merito. La prima tesi è in genere diffusa tra la cultura laica e liberale, l’altra sembra oggi prevalente nella cultura cattolica e cerca ultimamente di imporsi come indiscutibile attraverso una martellante ripetitività.
Su questi temi rifiuto il termine ‘testamento biologico’, infelice tanto dal lato del sostantivo poiché la vita non è un bene patrimoniale cui solo si applica il concetto di testamento, quanto dal lato dell’aggettivo in quanto la vita umana eccede l’elemento biologico. La disponibilità/indisponibilità della propria vita non va commisurata con lo status di un bene patrimoniale, ma di quel supremo ‘bene vita’ che rimane misterioso nonostante le invasioni della tecnologia e in cui è legittimo ascoltare la volontà del singolo, poiché non si tratta di un bene esclusivamente biologico ma spirituale e personalistico. Naturalmente in questa determinazione entra in maniera forte il rapporto della persona con la trascendenza: una prospettiva religiosa valorizza di primo acchito il rapporto dialogico con Dio entro cui viene considerata la propria vita. Viceversa una prospettiva religiosamente agnostica non possiede un’alterità trascendente con cui entrare in rapporto: la partita si gioca nella volontà del soggetto all’interno di un rapporto ‘orizzontale’ con se stessi e i simili.

La questione dell’autodeterminazione va impostata in modo coerente con l’idea di persona e l’antropologia del personalismo. Noi non siamo né il nostro genoma (tesi biologistica e materialistica) e neppure siamo solo la nostra libertà (tesi libertaria): siamo esseri dotati di anima intellettuale che include in sé quella sensitiva e vegetativa, e l’anima è più che la libertà.

La vita umana e la persona umana hanno valore non soltanto in quanto vita di un essere libero (di modo che sospesa la sua libertà la persona non sarebbe più tale), né in quanto vita biologica, ma appunto in quanto vita di un essere dotato di anima spirituale che è compos sui. In tal senso spetta alla persona decidere, e non perché – ripeto – l’affermazione dell’autodeterminazione dia fiato ad un’antropologia libertaria (o la sua negazione ad un’antropologia biologistica). Lo specifico personale sta nel sinolo individuale e irripetibile tra anima e corpo, per cui la persona è anima incorporata o corpo vivificato dall’anima.
Posizioni teologiche accreditate presentano la vita come un dono di Dio che a lui appartiene, di cui il soggetto non ha alcuna disponibilità. Deve allora trattarsi di un dono sui generis poiché ogni dono appartiene al donatario e non più al donante, per cui meglio sarebbe parlare della vita come bene dato in impiego responsabile al soggetto. Di fatto poi le considerazioni religiose a favore dell’assoluta indisponibilità della propria vita si muovono su un terreno etico-giuridico. Numerosi giuristi (cattolici) osservano che autodeterminarsi ha un valore, poiché la persona è dotata di libero arbitrio e padrona dei suoi propri atti, e che esiste un diritto costituzionale all’autodeterminazione – ad es. quello al rifiuto/rinuncia di trattamenti sanitari – ma che tale diritto ha dei limiti che conviene fissare. Naturalmente tutto si gioca sul modo con cui vengono fissati tali limiti. Non si può che concordare quando si chiede che nell’autodeterminarsi il soggetto non rechi danno agli altri, e quando si sostiene che ogni vita umana è sempre dotata di dignità. Per esemplificare, tale dignità è pari in Eluana in condizione di grave disabilità ed in me passabilmente sano: conseguentemente occorre prendersi cura di chi è fragile, non abbandonarlo. Ma il riconoscere la dignità della vita ferita da salvaguardare non contraddice la liceità di autodeterminarsi in vicende di fine vita e di cure salvavita, che appunto possono essere accolte o rifiutate. Ancor meno rilevante è l’argomento secondo cui l’autodeterminazione, nel caso in cui decida a favore del rifiuto/rinuncia a trattamenti salvavita, opera per indebolire socialmente il diritto alla cura. Questo atteggiamento non lede il diritto del malato che intenda essere curato sino all’estremo limite del possibile e ricorrendo a tutte le risorse del sistema sanitario e della tecnologia medica. In realtà il dovere di cura dello stato rimane intatto e parimenti il diritto del malato di non essere lasciato solo e di venire consolato.

Ripetere che la propria vita è totalmente indisponibile non fa avanzare il problema ma blocca una saggia ricerca di soluzione. Il blocco dipende dal fatto che sul piano razionale il criterio di un’assoluta indisponibilità della propria vita non è fondato. Diverso appare il discorso della fede che non possiamo dare per valido in modo cogente per tutti. Notevole per la sua implausibilità appare poi l’assunto che l’indisponibilità della propria vita sarebbe un chiaro dettato della nostra Carta. E’ lecito nutrire molti dubbi sull’assunto. Forse si può ricordare per affinità che la nostra Carta lascia il suicidio in un’area non rilevante costituzionalmente. Pertinente è invece il dettato dell’art. 32: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. In tal senso la legge non potrà rendere legale l’eutanasia, che contraddice la dignità della persona, ma potrà rispettare chiare indicazioni di trattamento.

Rimane comunque aperto l’interrogativo sull’accertamento della reale volontà del paziente. Problema difficile che sposta la questione da una controversia sul criterio della disponibilità/indisponibilità della vita alla questione di come effettivamente verificare quale reale volontà di cura o non cura sia stata emessa dal soggetto. La difficoltà è multipla: non solo quella di accertare che cosa ha veramente chiesto in modo documentato e obiettivo il soggetto in passato, ma quale sarebbe attualmente la sua volontà se potesse esprimersi ora, e quale valore si dovrebbe dare alla volontà espressa nella situazione presente, dato che la volontà in situazione può essere alterata da paura, angoscia, sofferenza, ritorno del desiderio di vivere.

2) Il secondo interrogativo riguarda il delicatissimo rapporto tra Persona e Tecnica. Reputo necessario integrare l’art. 3 della Dichiarazione universale sul diritto alla vita con l’aggiunta: “dal concepimento alla morte naturale”. Poi mi interrogo: che cosa significa oggi morte naturale? Non sta la Tecnica mutando la morte naturale in morte artificiale? Un tema urgente da pensare e poco approfondito anche da parte di vedette di vario genere. Ci troviamo spiazzati perché esiste una sottovalutazione della sfida posta dalla Tecnica alla Persona. La Tecnica rischia di diventare la nostra signora e padrona, quella che ci detta che cosa dobbiamo pensare e operare, quello che dobbiamo osare, quello che è obbligatorio fare o non fare; insomma la Tecnica come la nostra guida più vera e sicura, quella che ci offrirà salute, immortalità corporea e saggezza. Essa ci offrirà la Vera Vita quaggiù, al posto dell’aldilà celeste sperato e atteso. Sotto la sua guida nulla ci è risparmiato, neppure l’idea che occorra dilazionare senza fine il morire in attesa che la scienza inventi nuove tecniche di rivitalizzazione. Sembra che il vivere indefinitamente quaggiù sia diventato il bene supremo.
Una fiducia così larga è mal riposta, perché la tecnica è aperta sui contrari, può essere usata per il bene e per il male (lo insegnava già Aristotele). Non è di per sé né solo benefica né solo malefica. Essa cura ed essa uccide; mantiene la vita e la toglie. Sulla questione della tecnica l’attuale posizione della chiesa, o forse meglio di uomini di chiesa, non è esente da distonie. Si nutre una più che giustificata perplessità sulla tecnologizzazione delle fasi dell’inizio della vita, esprimendosi con ottimi motivi contro la manipolazione dell’embrione, la sua clonazione per qualsiasi scopo, il prelievo di cellule staminali embrionali, ma poi ci si affida troppo alla tecnica e alla macchina nelle fasi terminali, interferendo profondamente col processo naturale del morire. La macchina non può sostituirsi al Creatore né nella fase iniziale né in quella terminale della vita. Che senso ha una Peg inflitta ad un malato terminale in agonia per nutrirlo a forza? Negli hospice ai malati terminali di cancro nutrizione e idratazione possono essere sospese onde evitare un inutile prolungamento di un’agonia dall’esito comunque segnato.

Per rappresentarci la situazione dobbiamo tener presente che non pochi casi di coma vegetativo persistente sono l’effetto – inintenzionale ma realissimo – delle metodologie sempre più perfezionate e accanite di rianimazione e di terapie intensive, che non riescono a guarire ma solo a mantenere in vita. Questo elemento è ignorato da posizioni tese a riaffermare con toni vibranti l’assoluta indisponibilità della propria vita. In tal modo ci si pone in uno spazio di falsa sicurezza, che solleva dalla fatica di considerare le inedite possibilità di vita e di morte cui le nuove tecniche ci conducono. Neppure si considera che l’equipe medica che tenta il tutto per tutto per trattenere a qualunque costo, può operare un atto di maleficenza invece che di beneficenza verso il malato.

3) Anche il terzo punto è connesso al problema Tecnica. Non sussiste alcun dovere/obbligo assoluto di curare e di curarsi a qualsiasi costo, in particolare quando l’invasività crescente delle tecnologie mediche nella sfera corporea della persona travalica ogni forma di rispetto dovutole, e si fonde con una concezione accanitamente tecnologizzata della vita e della morte che viola i limiti imposti dalla dignità della persona umana. La disattenzione in merito proviene dal timore che ogni minima apertura sul rifiuto/rinuncia ai trattamenti sanitari aprirebbe la strada a prassi eutanasiche, indubbiamente da scongiurare. La depenalizzazione dell’eutanasia costituirebbe una tragedia non inferiore alla depenalizzazione e legalizzazione dell’aborto. Tuttavia chiarezza vuole che “diritto di morire” e “diritto al rifiuto/rinuncia a trattamenti sanitari” siano cose diversissime. Il “diritto di morire” è un falso diritto o un diritto che non sussiste, non perché sia contraddittorio ma in quanto è qualcosa che non è dovuto alla persona. Anche per questo non fa parte dell’elenco comunemente riconosciuto dei diritti umani. Ogni autentico diritto dà voce a quanto è dovuto al soggetto umano, esprime il suum che gli altri sono tenuti a riconoscergli. Alla base di ogni diritto non vi è la mera vita biologica, ma la natura umana e la persona umana. Se non esiste un diritto di morire, è ragionevole invece riconoscere al soggetto una sfera di autonomia nel modo di affrontare la morte in maniera naturale e non come un combattimento all’ultimo sangue. Se la morte è il massimo limite umano che va riconosciuto, l’interruzione del trattamento non vale come rifiuto della vita ma come accettazione del limite naturale ad essa inerente. Non si rinuncia alla vita, non si rifiuta la vita, ma si accetta di non potere impedire la morte o di non doverla ulteriormente procrastinare.
Naturalmente occorre prendere le distanze dall’abbandono terapeutico con tutte le sue tristi occorrenze, che tuttavia forse sono meno frequenti dei casi di accanimento terapeutico, cui spinge la medicina tecnologizzata. Più negativo dell’abbandono terapeutico è l’abbandono dell’accompagnamento, ossia la presenza di troppe macchine e di poche persone nell’itinerario di cura del malato che può sentirsi terribilmente solo.
Concludo. Non sussiste un diritto di morire, ma un diritto di rifiutare cure e terapie invasive, avvertite come particolarmente onerose, degradanti, anche se dall’esercizio di tale diritto scaturisse la morte. E’ sempre stato difficile, e particolarmente oggi, stabilire quando c’è o non c’è accanimento terapeutico, che purtroppo è come l’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, che cosa sia nessun lo sa. Da tale obiettiva difficoltà dovrebbero trarsi ulteriori argomenti a favore dell’espressione della volontà del paziente. E’ lui che deve dire quando la misura è colma.
Dall’insieme di queste considerazioni si ricava che il Parlamento ha dinanzi un compito immane e onorabile con estrema difficoltà nel preparare una legge sulla fine della vita. Una legge che non potrà che essere molto succinta e lasciare adeguato spazio all’interpretazione saggia e alla casistica concreta, affidata in ultima analisi al rapporto medico-paziente ed alle indicazioni anticipate di trattamento. Dell’estrema delicatezza del problema è segno il fatto che esso si trascina senza soluzione da diverse legislature.

Vittorio Possenti


COMMENTI PERSONALI:

Ma vi rendete conto? che analisi lucida, che belle parole dette da un cattolico, un'analisi che non avevo mai considerato!!!

Non avevo mai messo a paragone (ero troppo impegnato a trovare le piccole incoerenze per accorgermi di questa, assurdo) i divieti del vaticano nei confronti dell'uso della tecnologia nel concepimento o nella fecondazione con l'accanimento terapeutico ed il rifiuto all'interruzione dell'uso della tecnologia nel mantenimento in vita di malati terminali e non...

Queste sono grandi parole, che mettono a nudo un'altra forte incoerenza del vaticano: il rifiuto dell'intervento umano nel concepimento, in quanto contronatura, ed il divieto di lasciare che la natura faccia il suo corso quando la morte, in assenza di artifici, è inevitabile.

Che grande.

venerdì 12 dicembre 2008

Vaticano: no a depenalizzazione omosessualità, “crea parità con coppie eterosessuali”

I FATTI :

Il Vaticano si dice contro la criminalizzazione dei gay ma si oppone anche alla proposta di depenalizzazione. Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, cerca di smorzare le polemiche: “Il documento della Francia non è stato ancora presentato e dunque bisogna chiarire di che cosa si tratta, perché nessuno ha pubblicato ufficialmente un testo. Per questo non è il caso di costruire polemiche su un oggetto che non è chiaro”.

Il cardinale Martino dichiara perentorio: “Si vorrebbe che la Santa Sede mettesse sullo stesso piano le coppie gay e quelle eterosessuali, posso assicurarvi che questo non accadrà”. Il prelato critica inoltre la promozione dei profilattici: “sappiamo bene che quello del preservativo non è un rimedio tuttofare, perché anche quello non è al cento per cento sicuro nella prevenzione”. Su questo tema insiste anche monsignor Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio consiglio: “In Africa manca tutto ma non i preservativi: il problema è l’esercizio della sessualità, che non va staccato dalla persona, non è un atto meccanico, ma deve essere un’esperienza totale”.


COMMENTO:

l'esercizio della sessualità non va staccato dalla persona, non è un atto meccanico, ma deve essere un’esperienza totale.... mh, ed immagino che abbiate avuto infinite esperienze totali voi, per arrivare a questa conclusione, o pensano che il solo studio teorico possa significare la comprensione completa di un argomento, e dunque giustificare il loro continuo pontificare sul sesso, il loro voler insegnare il sesso.

E se domani studiassi teologia, divenissi un esperto e cominciassi ad INSEGNARE loro come professare la parola di Dio, come reagirebbero...

giovedì 4 dicembre 2008

UE contro la criminalizzazione dell'Omosessualità

I FATTI:

La proposta, è stata avanzata in occasione del 60esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, specificando che la presidenza UE francese, tutt'ora in carica, ha due priorità: i diritti delle donne, nello specifico fermare la violenza contro di esse, e combattere la discriminazione nei confronti degli omosessuali. “Novanta paesi nel Mondo criminalizzano l'omosessualità, e nove di questi impongono la pena di morte”, disse in quell'occasione Rama Yade. A proposito, anche il Ministro alle Pari Opportunità Mara Carfagna si espresse favorevole: “Sono pronta a sollecitare il nostro ambasciatore italiano presso le Nazioni Unite perché si faccia portavoce della richiesta della depenalizzazione universale dell'omosessualità”.
Ora la parola alle istituzioni, soprattutto quelle italiane che, si auspica, vogliano portare avanti la proposta UE in quanto paese aderente e soprattutto per le parole favorevoli e le promesse sollecitazioni del nostro Ministro Mara Carfagna.


(01/12/2008)
La Santa Sede boccia la proposta per depenalizzare il reato di omosessualita` a livello mondiale. `Creerebbe ulteriori discriminazioni`. La dura condanna di Arcigay `Studiata e cinica bugia`. Intanto Magdi Cristiano Allam tenta di portare il Vaticano nel Parlamento Europeo.


PARIGI - Non vogliamo creare nuove regole, ma l' omosessualità non può essere considerata un crimine come avviene in molti paesi: la Francia e la presidenza dell' Unione europea hanno reagito così alle proteste del Vaticano contro il progetto di dichiarazione che sarà presentato all' assemblea generale delle Nazioni Unite. Con cortesia, ma con grande fermezza, i diplomatici hanno respinto le obiezioni vaticane, ritenendole senza fondamento. Dichiarazioni che si sono aggiunte a quelle di molte associazioni, come la sezione italiana di Amnesty International, che hanno severamente criticato la presa di posizione della Santa Sede. La stampa transalpina non ha dato spazio alla polemica, mentre al quai d' Orsay non sono sfuggite le parole di monsignor Migliore e di padre Lombardi. E in quanto prima firmataria della dichiarazione, la Francia ha reagito per bocca di Eric Chevallier, il portavoce del ministero degli Esteri: «L' idea non è di creare una nuova regola giuridica, ma di creare, a partire dai testi esistenti, una dinamica in favore della depenalizzazione. Ci sembra una scelta che rispetta la giurisprudenza attuale e che ci sembra giusta sul piano etico e umano». Chevallier ha ricordato che circa novanta paesi hanno una legislazione che reprime l' omosessualità e una decina che la puniscono con la pena di morte. Il portavoce del quai d' Orsay ha precisato che questa «dichiarazione sull' orientamento sessuale e l' identità di genere», annunciata in primavera, è sostenuta da altri paesi «co-autori»: Argentina, Brasile, Gabon, Giappone, Norvegia, Croazia, Ucraina, Nuova Zelanda, Olanda. Sulla stessa linea, naturalmente, la presidenza francese dell' Unione europea. A Bruxelles, un portavoce ha sottolineato che l' omosessualità «non può essere considerata un crimine e tanto meno può essere punita con la prigione o la pena di morte». E' quindi necessario, ha aggiunto, procedere alla sua depenalizzazione. La dichiarazione, tuttavia, «non ha un carattere giuridicamente vincolante ed è stata sottoscritta, oltre che dai Ventisette, anche da molti altri paesi di tutti i continenti all' insegna della non discriminazione». Il mondo associativo, dal canto suo, continua a commentare molto negativamente la posizione assunta dal Vaticano sulla depenalizzazione. Ieri è stata la volta della sezione italiana di Amnesty, secondo cui la questione «chiama in causa i diritti umani. Tanto è importante la piena libertà politica, religiosa, quanto lo è affermare il proprio orientamento sessuale senza rischiare arresti, torture, pena di morte, forme gravi di discriminazione». Il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, ha aggiunto che gli omosessuali, al di là delle leggi, restano una delle minoranze più colpite da «atteggiamenti diffusi di stigmatizzazione e di discriminazione».

CONSIDERAZIONI PERSONALI:

Che dire, sarebbero i primi ad usufruirne... :P heheheheh scherzi a parte, diamo per certo che TUTTI i preti cristiani sono osservanti del celibato, e che hanno TUTTI inclinazioni sessuali etero, la proposta non è quella di incentivare l'omosessualità, ma quella di impedire la persecuzione legale di una persona in quanto omosessuale.

allora a questo punto ho due considerazioni:

- la prima è il libero arbitrio, ogni uomo può decidere cosa fare della sua vita, può decidere se peccare o no, e quindi può decidere come vivere la sua sessualità, SOLO DIO può, una volta trapassato il povero peccatore, giudicarlo. La chiesa quindi dovrebbe essere a favore della proposta, in quanto rende reale quello che DIO stesso ha ordinato, ovvero che gli uomini possano scegliere, e non siano costretti mai a seguire una strada che non è quella che sentono.

- la secondo considerazione che ho è la seguente: le basi ed i fondamenti del cristianesimo affondano le radici nelle persecuzioni che hanno subito agli inizi della loro storia; quando essere cristiani era un reato punibile con la reclusione o la morte, non scordiamoci, passando di fronte al colosseo, le torture e la morte che i cristiani hanno dovuto soffrire, non dimentichiamoci che un tempo venivano dati in pasto alle bestie di fronte alla folla, per gioco. Ed è proprio questo retaggio che la chiesa ha perso? tanto da voler bloccar euna proposta che disincentiva la persecuzione degli omosessuali in quanto tali?

Non siete voi che vi stringevate in luoghi oscuri nascondendovi per adorare il vostro Dio? perseguitati, impauriti, timorosi di essere sorpresi a fare ciò che per la legge non andava fatto? così rinnegate ciò che eravate? così dimenticate ciò che vi ha resi uniti? ciò che vi ha resi Fratelli e sorelle?

Chi siete dunque?

Un Gay affronta il vaticano

IL FATTO:

BOLOGNA Un gay in Vaticano. Kevin J. Calegari sabato mattina ha varcato, primo omosessuale nella storia della Chiesa a farlo ufficialmente, il portone dell' ex Sant' Uffizio. Calegari, 34 anni, studente di teologia a Berkeley, è il presidente di Dignity, l' associazione che in Usa raccoglie oltre 4 mila omosessuali credenti e che la scorsa settimana ha reso pubblica la lettera del cardinale Joseph Ratzinger sull' "obbligo" di limitare i diritti civili degli omosessuali. "Ero in ferie in Europa quando il documento è uscito - racconta Calegari, ieri ospite dell' Arci-gay nazionale di Bologna - ho chiesto udienza alla Congregazione per la dottrina della fede. E' stato un incontro cortese, ma franco". Calegari è stato ricevuto da monsignor Swallina, che si è preoccupato di precisare: "Questo incontro non significa l' apertura di un dialogo". "Il vostro documento non merita la dignità di un dialogo" ha replicato Calegari che ha dato al suo interlocutore una lettera per Ratzinger. "Il vostro documento - ha scritto - non parla della carità di Cristo, ma del peggio della nostra tradizione, quella che bruciava i dissenzienti"

CONSIDERAZIONI PERSONALI:

Massima stima per quell'uomo.

Fatti un tumore, con Radio Vaticana

I FATTI:
(Articolo preso da La Repubblica, quindi prendiamolo tutti con le molle)

CITTA' DEL VATICANO - «Dichiarazioni inaccettabili, contrarie allo spirito di negoziato» tra Italia e Santa sede. «Scomunica» vaticana per il ministro dell' Ambiente Willer Bordon, che ieri per il secondo giorno consecutivo ha detto che interromperà la fornitura elettrica alla Radio Vaticana se, entro due settimane, l' emittente non abbasserà la potenza di emissione. Contro i propositi di Bordon si schiera il portavoce pontificio Joaquin NavarroValls con un intervento a doppia lettura: di critica per le minacce del ministro e di sostanziale disponibilità verso quanto deciderà la commissione paritetica ItaliaSanta Sede istituita il settembre scorso proprio per risolvere il grave problema delle onde elettromagnetiche degli impianti installati dalla radio pontificia a Santa Maria di Galeria. Onde che, stando ad un' indagine dell' Osservatorio epidemiologico del Lazio, potrebbero essere la causa dell' aumento dei rischi di leucemia per i bambini che vivono nei centri vicini all' emittente. «La Santa Sede e la Radio Vaticana - spiega Navarro - hanno chiesto da tempo un confronto serio e approfondito sulle questioni relative a Santa Maria di Galeria. Sensibile alle preoccupazioni dell' area circostante l' emittente vaticana, la Santa Sede ha avviato col Governo italiano una commissione bilaterale, ritenendola la sede appropriata per discutere tali problemi. Essa è fiduciosa e presta tutta la sua collaborazione affinché i lavori della Commissione, iniziati il 28 settembre 2000, consentano di giungere quanto prima a formulare adeguate risposte». «Sorprende - lamenta il portavoce pontificio - che, mentre la Santa Sede da tempo ha manifestato la propria disponibilità» ad accettare soluzioni concordate «avviando innanzitutto una misurazione congiunta dei campi elettromagnetici prodotti dall' attività della Radio Vaticana in Santa Maria di Galeria, un esponente del Governo italiano diffonda dichiarazioni inaccettabili ai fini della corretta informazione dell' opinione pubblica e prospetti gravi iniziative, contrarie allo spirito del negoziato». «La Santa Sede - dice ancora Navarro - ha a cuore la salute e la serenità delle persone che vivono vicino al centro di trasmissione della Radio Vaticana». A questo proposito, contesta il «modo distorto e ingiustamente negativo» con cui è stato descritto l' atteggiamento dei responsabili della radio. Quanto ai campi elettromagnetici, Navarro ricorda che «la Radio Vaticana si è sempre orientata sulle indicazioni della Icnirp, cioè dell' autorevole commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti, e questo molto tempo prima che l' Italia si desse qualsiasi normativa in merito». Va detto che la commissione ItaliaSanta Sede dopo circa 7 mesi dall' insediamento dà l' impressione di non aver fatto granché. E forse proprio per questo, venerdì scorso il sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati, monsignor Celestino Migliore, ha avuto un incontro con il ministro degli Esteri italiano, Lamberto Dini. Alla fine del colloquio, dalla Farnesina si è appreso che l' organismo paritetico dovrebbe riunirsi in tempi rapidi e, già in due settimane, potrebbe essere trovata una soluzione. Notizia commentata con «soddisfazione» da padre Federico Lombardi, direttore dei programmi dell' emittente. «Ribadiamo quindi - afferma il responsabile della radio la nostra disponibilità a procedere in modo tempestivo, e speriamo che si giunga a soluzioni soddisfacenti per tutti: popolazione, autorità italiane, Santa Sede e Radio Vaticana». Ancora padre Lombardi, annuncia che «il dimezzamento della potenza trasmessa da una delle antenne più potenti è stato già attuato in via sperimentale dal primo febbraio scorso, e che da diverse settimane i nostri tecnici erano in attesa, come concordato, delle proposte di protocolli di misurazione da parte dei tecnici dei Ministeri delle comunicazioni e dell' Ambiente». - ORAZIO LA ROCCA

CONSIDERAZIONI PERSONALI:
Si alla leucemia ed ai tumori, No all'eutanasia, a mio parere la chiesa ci vuole Vivi e Malati, non c'è altra spiegazione.

o almeno, visto che sono anni che se ne parla, non mi va di cercarne un'altra.

venerdì 28 novembre 2008

Eluana, l’a-teismo metodologico e la democrazia (presunta) liberale, nonchè il nichilismo della Chiesa cattolica

PREMESSA:
è un articolo che ho trovato sul blog del Dottor Faust e che ancora non ho letto del tutto, ma mi è parso interessante, mi riservo il diritto di dire la mia in fondo non appena avrò un attimo di calma.

Il caso di Eluana Englaro è l’ennesima prova che l’Italia è vittima di un grave deficit di laicità e di senso della democrazia.

Da una parte la Chiesa, dall’altra parte politici di ogni schieramento che si ispirano (o fingono di ispirarsi) a valori cristiani, per finire con i cosiddetti atei devoti che sostengono che lo Stato italiano debba legiferare come se Dio ci fosse, anche se non c’è (!).

In un bell’articolo comparso su Micromega di novembre, Paolo Flores d’Arcais prende le mosse dall’a-teismo, inteso non come negazione di Dio, ma come “sospensione momentanea della sua esistenza”, per rifondare i canoni della democrazia moderna.

A partire dal ‘600, quando le guerre tra regni cristiani (tutti presunti interpreti del vero) raggiunsero una gravità ed una vastità tali da minacciare l’esistenza di intere nazioni – solo nel ‘600, si formulò quel concetto che d’Arcais chiama “Etsi Deus non daretur”: come se Dio non ci fosse. Almeno nelle relazioni internazionali. Che poi, cristianamente parlando, sarebbe il “Non nominare il nome di Dio invano”.

E proprio questo principio, questo a-teismo metodologico, porta alla creazione di un sistema democratico solido, che tuteli ogni cittadino e che ne difenda e sostenga la libertà di coscienza e l’auto-determinazione (riconosciute, tra l’altro, a termine del Concilio Vaticano II, col documento “Dignitatis humanae”).

Qualcuno potrebbe obiettare (come l’arcivescovo di Firenze Bertori ha obiettato alla tenace e profonda filosofa, Roberta de Monticelli) che in questo caso (quando fosse concesso a tutti il diritto di esercitare liberamente la propria coscienza e di auto-determinarsi), dovremmo giustificare anche un omicida.

Ma, risponde esaustivamente la Monticelli, non sembra credibile e accettabile che l’azione illecita sia dettata da una lunga e meditata riflessione, insomma, conforme alla coscienza morale di chi compie questa azione (nella fattispecie, un omicidio). Sembra piuttosto che tale gesto sia frutto di una coscienza morale monca, isterilita, come sostengono anche Socrate, i platonici, i Padri della Chiesa, gli Scolastici, e perfino gli autori della Bibbia (“cuore duro”, “cecità”, “non sanno quel che fanno”).

Libertà di coscienza e di auto-determinazione, quindi. Che, guarda caso, sono alla base della democrazia liberale che si è affermata nell’Occidente, con buona pace dei presunti liberali italiani che difendono a spada tratta le posizioni della Chiesa e, quindi, il cosiddetto “diritto alla vita”.

Ma siamo sicuri che si tratti di diritto alla vita? Se il principio di auto-determinazione è valido, non si dovrebbe parlare di “diritto sulla propria vita”?

È proprio il “diritto sulla propria vita” una delle libertà inalienabili della democrazia liberale, libertà che, mi si perdoni l’eco cattolica, discende da quella di coscienza e di autodeterminazione.

Tutti diritti inalienabili che lo Stato deve, e non dovrebbe, garantire al cittadino, da un punto di vista positivo (promulgare determinate leggi) e negativo (rimuovere gli ostacoli all’eserczio di tali diritti).

Lo Stato non deve sostituirsi alla coscienza morale di ogni persona, infatti, ma deve permettere ad ogni individuo di esercitarla nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo per gli altri.

Nel caso in cui un cittadino scelga coscientemente di rinunciare alla propria vita, poiché essa, in determinate situazioni, non è più degna (sempre secondo i canoni della propria libera coscienza) – in questo caso lo Stato deve assicurare a quel cittadino che quel “diritto sulla propria vita” venga tutelato.

E lo Stato lo fa attraverso il Sistema Sanitario, si badi, non attraverso i medici, che conservano la libertà di dissentire con determinate posizioni morali. Non c’è nient’altro da fare, se si accetta la democrazia liberale.

E non sono solo io a pensarlo.

Lo pensa anche uno stimatissimo (anche dal sottoscritto) teologo, Vito Mancuso, che dalle pagine del Corriere avverte che le Scritture, quindi la parola del Signore, sono impregnate dalla libertà individuale, dalla libertà di coscienza: le pecore si allontanano dal gregge, il figlio può andare via di casa, si possono perdere addirittura le monete.

Dio rispetta l’autodeterminazione dei singoli.

Se la vita è un dono, come sostengono tutti quelli che si scagliano contro la decisione della Cassazione, essa deve rimanere come tale.

In altri termini, per chi non lo vuole o non lo riconosce più, questo dono non può diventare un giogo.

***

Diventa allora lampante il vuoto legislativo di cui è vittima l’Italia, sotto questo punto di vista.

Una legge sul testamento biologico e sull’eutanasia è necessaria.

Ma anche qui c’è un rischio. Un rischio che deriva dalle premesse di questo articolo prese in prestito da Flores d’Arcais.

Ovvero che tra i legislatori valga il principio nichilista, imposto dalla Chiesa (!), del “Se Dio non c’è, tutto è permesso”. Che vuol dire, nella brutale ma sincera versione di Comunione e Liberazione: “Se non sei credente (nella fattispecie, cattolico), sei moralmente incompetente”. La conseguenza, citando la de Monticelli è che “io, Chiesa, dato che tu non hai legge morale, chiederò allo Stato di istituire norme giuridiche che sopperiscano alla tua incompetenza morale”.

La deriva nichilistica è ovvia: “Se Dio non c’è, dio sono io”.

Paola de Monticelli la chiama “auto-deificazione”. Quella stessa auto-deificazione imputata all’uomo moderno diventerebbe così fonte di legislazione, radicando lo Stato e le sue leggi in una confessione religiosa.

Se Dio non c’è, tutto è permesso. Come dire: se Dio non c’è, nulla ha più valore, positivo o negativo.

Ma il bene non è tale perché Dio lo vuole. Dio vuole il bene perché è bene, se c’è.

Non sarebbe ammissibile che, se Dio non ci fosse, il bene di un’infanzia felice, ad esempio, non restasse tale.

Paradossalmente, negare che ci sia una verità o una falsità accessibile alla sensibilità e alla ragione prettamente umane è quanto di più relativistico possa compiere un’istituzione anti-relativista come la Chiesa cattolica.

L’unico modo per contrastare questa auto-deificazione, quindi, è la presa di coscienza che solo l’a-teismo metodologico può garantire a tutti eguali diritti.

E magari restituire dignità a chi, ogni volta (Terry Schiavo, poi Piergiorgio Welby, oggi Eluana Englaro), diviene oggetto di un impietoso carnevale mediatico, quanto mai inopportuno e di cattivo gusto, se considerato in relazione alla morte, che rimane - comunque sia - un momento di massima serietà e profonda riflessione.

martedì 25 novembre 2008

Spagna: sentenza sul crocefisso, l’invettiva de “L’Osservatore Romano” e le reazioni Italiane

L'invettiva de "L'osservatore Romano"

L’”Osservatore Romano” reagisce con forza alla sentenza del tribunale spagnolo che ha permesso la rimozione del crocefisso da una scuola pubblica, con un articolo dello scrittore Juan Manuel de Prada, il quale scrive: “che si giunga a considerare un crocefisso offensivo in Occidente si può solo interpretare come un sintomo allarmante di amnesia o necrosi culturale”. La sentenza addirittura sancirebbe “giuridicamente la rinuncia di una Europa disorientata, irrazionalmente in preda a un impulso di autodistruzione”. Con gesti come questo l’Europa rinuncerebbe “al lascito che rende nobili e che è riassunto in quella semplice croce”. A nessuna persona “in possesso delle proprie facoltà”, continua Prada, “sfugge che il segno della croce non viola nessun diritto fondamentale; tuttavia da qualche tempo l’invocazione di diritti e libertà si sta trasformando in Spagna in un pretesto giuridico che maschera un sentimento di odio religioso e di ‘cristofobia’, come in modo molto appropriato lo ha definito il cardinale Canizares, sentimento che d’autorità avrebbe l’obbligo di perseguire, invece di concedergli una copertura giuridica”.
L’odio contro la Chiesa si sarebbe “mascherato di giuridicità, sostituendo l’accanimento cruento di altre epoche non troppo lontane con un’apparenza più sibillina e asettica”. Il crocefisso, a detta dello scrittore, riassumerebbe “le più nobili vocazioni dell’uomo” e potrebbe offendere solo “quanti vogliono, e in questo consiste in realtà il laicismo, per quanto si nasconda dietro alibi giuridici, che lo Stato diventi un nuovo dio, con potere assoluto sulle anime”.

prime reazioni italiane

Cominciano ad emergere le prime reazioni del mondo politico italiano alla sentenza spagnola che ha rimosso il crocefisso da una scuola pubblica in nome della laicità dello stato. In particolare, dal centrodestra si levano voci di protesta.

Secondo Pier Ferdinando Casini “la laicità dello Stato è un principio troppo serio per essere ridicolizzato” come sarebbe avvenuto in Spagna con questa sentenza. Casini afferma che paesi come Italia e Spagna hanno un’identità cristiana e che “i sani principi della laicità” non si possono confondere “con un laicismo di stato” che non lascerebbe spazio “al bisogno innato di religiosità” e che potrebbe sradicare “dalla nostra vita Dio e la religione”.Il ministro per la Semplificazione normativa

Roberto Calderoli afferma perentorio che “il crocifisso non un solo un simbolo religioso, ma è il simbolo di quei valori su cui abbiamo costruito la nostra storia e la nostra civiltà”. Rinunciare ad essi saebbe segno di una crisi “molto più grave” di quella economica in corso, tanto da far sentenziare: “Le crisi economiche si superano solo partendo dai valori, diversamente ci sarà l’Apocalisse”.
Margherita Boniver (Pdl) “da laica” ritiene
“pericoloso intepretare il multiculturalismo a suon di dinieghi, scuse e rimozioni di simboli che appartengono intimamente alla nostra visione del mondo”.
Secondo Piergiorgio Odifreddi
“anche la Spagna, dopo tanti anni di franchismo” sta diventando “un paese civile”: sentenze come questa “sembrano anormali a noi che abbiamo una tradizione diversa”, seppure “mettere i crocifissi nei luoghi pubblici è un modo un po’ surrettizio di fare propaganda religiosa, come lo è d’altronde l’ora di religione”. Ricordando la sentenza di qualche anno fa che ammetteva la rimozione dei crocefissi dai luoghi pubblici in Italia (contestata proprio dalla “laica” Boniver), Odifreddi afferma: “Mi colpì la reazione del mondo politico: lo stesso presidente Ciampi disse che questa era una sentenza assurda, e che non andava seguita. Mi sembrò un comportamento abbastanza singolare per un Presidente della Repubblica, e che la dice lunga su quanto da noi il concetto di laicità sia piuttosto avveniristico”. Il matematico chiarisce che il problema non è la Chiesa, che “ritiene di avere un messaggio da dare, ed è giusto che usi tutti i mezzi possibili per diffonderlo”, ma della “classe politica”. “Neanche i partiti sedicenti laici portano avanti una politica laica”, continua Odifreddi rievocando la breve esperienza nel Pd, senza risparmiare critiche alla classe intellettuale, che non “fa ostruzione di fronte all’invadere della Chiesa”, anzi rivelandosi “più papista del papa” pur dichiarandosi “laica”. Altra questione toccata da Odifreddi è quella dei media, che amplificano “in maniera veramente esagerata” le affermazioni della Chiesa, mostrando una certa sudditanza e facendo propaganda gratuita.

Segnaliamo sempre il sondaggio sul sito del “Corriere della Sera”

[Fonte: www.uaar.it]


CONSIDERAZIONI:

Ma sapete cosa? si commenta un po' da solo l'osservatore romano, la perdita di un crocifisso per loro è un sintomo di cose orrende e pericolose, per me invece, è il sintomo che la laicità sta prendendo piede, in favore di un'istruzione libera dalla chiesa e dalle dottrine che poco vanno daccordo con la necessità dei giovani di scoprire la verità.

per quanto riguarda i politici italiani invece beh, non so che impicci abbiano loro con il vaticano per dover difendere una crocetta di legno con tutto questo fervore; simbolo dei princii su cui abbiamo fondato il nostro stato dite? davvero abbiamo fondato lo stato italiano e l'europa sulla prevaricazione e sulle menzogne? GIUSTO!


Il Vaticano mette al sicuro i suoi Soldi

Due giorni fa il papa, mentre peggiora la crisi finanziaria, aveva tuonato (http://www.uaar.it/news/2008/10/06/crisi-finanziaria-papa-ammonisce) contro chi “costruisce solo sulle cose sono visibili, come il successo, la carriera, i soldi”. Noi, malignamente (si sa, non siamo colti dalla grazia divina), avevamo commentato: “evidentemente i depositi vaticani non sono stati ancora intaccati dalla crisi”.

Di recente è emerso proprio che il Vaticano aveva già fatto i suoi conti, prima dell’esplodere della crisi finanziaria, mettendo al riparo i suoi investimenti. Lo ha rivelato un articolo della fine di settembre di Robert Mickens, corrispondente romano per la rivista cattolica britannica Tablet (http://www.thetablet.co.uk/issues/1000121), intitolato Church with a Midas touch. Nel 2007, su consiglio di esperti e abili consulenti finanziari, il Vaticano aveva spostato i suoi investimenti dal mercato borsistico a beni meno soggetti a rischio come lingotti, obbligazioni e contanti. Un analista economico è stato interpellato dal Tablet per capire meglio i dati del rapporto 2007 sulla gestione delle finanze vaticane dello scorso anno stilato dalla Prefettura degli Affari economici della Santa Sede (http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/22401.php?index=22401〈=it) e pubblicato già nel luglio 2008, giungendo alla conclusione che il Vaticano ha trasformato una parte massiccia dei suoi investimenti: si parla di circa 340 milioni di euro in valuta, 520 in obbligazioni e in poche azioni, 19 milioni in oro e preziosi.

Ironico lo stesso Tablet: “la roccia di Pietro, su cui è stata fondata la Chiesa, si è trasformata in una roccia d’oro”. Un esperto finanziario intervistato sostiene che la Chiesa “appare finanziariamente ben posizionata per raccogliere profitti, anche nell’attuale tempesta finanziaria. [...] Complessivamente la Santa Sede è stata ben consigliata e non ha probabilmente perso molto nella crisi. Hanno abbandonato man mano le azioni e nel tempo si sono concentrati su investimenti obbligazionari e monetari”. Anche uno dei responsabili economici della Santa Sede, monsignor Vincenzo Di Mauro, spiega: “I risultati del primo periodo del 2008 sono preoccupanti e non inducono all’ottimismo. Si rende sempre più necessario il richiamo alle Amministrazioni della Santa Sede ad operare con prudenza e con la massima oculatezza nella gestione operativa delle spese e nell’assunzione di nuovo personale”.

[da: http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=2273]


CONSIDERAZIONI:

Lungi da me pensare che tutto questo sia riprovevole, anzi, sono contento che si sia venuto a sapere, io VOGLIO che la gente sappia che per il vaticano i soldi sono importanti quanto lo sono per noi gente comune, e forse un po' di più, voglio che la gente cominci a storcere il naso quando a pronunciare le parole CARITA' e POVERTA' etc, è una persona coperta d'oro...

Ipocrisia


In questi tempi di crisi ho poco tempo da dedicare a Nero Vaticano, ma penso di poter dire la mia anche con un'immagine soltanto:

giovedì 2 ottobre 2008

Laico - Pubblicità Progresso

vi incollo un video che ha del fantastico, parla di laicità :D



Laico, se lo conosci lo eviti....

hahahaha, caspita, vorrei avere la cortellesi quì di fronte a me per abbracciarla.
ho le lacrime agli occhi...

Ma veniamo alla parola LAICO: Sapete davvero cosa significa?
Riporto la definizione della parola "Laico"

lài|co
agg., s.m.
AU
1 agg., s.m., che, chi non appartiene al clero; che, chi non ha alcun
grado nella gerarchia della Chiesa cattolica
2 agg., che non dipende dal clero; che è formato da persone appartenenti
allo stato laicale: associazione, confraternita laica
3 s.m., religioso non ordinato sacerdote, che all’interno di una
comunità monastica svolge spec. attività manuali e profane; anche agg.:
frate, fratello l.
4 agg., improntato, ispirato ai principi e agli ideali del laicismo:
pensiero l., istituzioni laiche, istruzione laica | agg., s.m., che, chi
condivide gli ideali del laicismo; che, chi auspica l’autonomia da
qualsiasi forma di ingerenza ecclesiastica: intellettuali laici,
dibattito tra laici e clericali
5 agg., estens., di gruppo, movimento e sim., che dichiara
programmaticamente la propria autonomia rispetto a qualsiasi dogmatismo
ideologico: partiti laici, nello schieramento politico italiano,
ciascuno dei partiti che si definiscono programmaticamente autonomi sia
dal dogmatismo cattolico sia da quello marxista; polo l., quello formato
da tali partiti | agg., s.m., che, chi rifiuta di uniformarsi
rigidamente e in modo acritico a un’ideologia: pensatore l., un membro
l. del partito
6 agg., s.m. TS dir., che, chi, pur non appartenendo all’ordine
giudiziario, viene occasionalmente chiamato a svolgere funzioni di
giudice
7 agg., s.m. OB che, chi è privo di cultura, illetterato, rozzo

Ecco fatto, ci siamo fatti qualche risata con la cortellesi, ed abbiamo imparato qualcosa.
un abbraccio a tutti.

venerdì 19 settembre 2008

VILIPENDIO, Il caso Guzzanti ed il caso Indymedia

LE NOTIZIE:

Guzzanti:

All’inizio del suo intervento presso l’Università Cattolica di Milano, il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha affermato che non darà ai pm della Procura di Roma l’autorizzazione a procedere contro Sabina Guzzanti per l’ipotesi di vilipendio al papa, a causa delle frasi pronunciate durante il “No Cav Day” di luglio.

Il ministro chiarisce: “dopo aver sentito il parere degli uffici che concludono per la procedibilità ho deciso comunque di non concedere l’autorizzazione a procedere anche perchè l’accusata si è assunta le responsabilità di quello che ha detto”. Seppure si sia sentito offeso come cattolico, Alfano avrebbe deciso di soprassedere “ben conoscendo lo spessore e la capacità di perdono del Papa che prevalgono alle offese stesse”. Alfano intende infatti smorzare le polemiche, per non avere problemi futuri: “la stagione delle riforme impone di spegnere i focolai e di non appiccare nuovi incendi”. Così il procuratore Giovanni Ferrara e il sostituto Angelantonio Racanelli dovranno archiviare il caso.


IndyMedia:

Il gip Marco Patarnello ha disposto il sequestro preventivo di una parte del sito di Indymedia per vilipendio della religione cattolica e della figura del Papa. A sollecitare il provvedimento era stato il pm Salvatore Vitello, in quanto dagli accertamenti della Digos era emerso che sul sito vi erano fotomontaggi di Papa Benedetto XVI in uniforme militare nazista. Nel sito di riferimento della sinistra antagonista, il Papa viene appellato come “nazista” e ingiuriato con offese in lingua spagnola. La società a cui fa riferimento Indymedia è la Imc, con sede in Brasile, pertanto il pm ha provveduto che venga fatta la rogatoria internazionale per la notifica dell’atto. E questa procedura rischia di andare per le lunghe. Per il reato di vilipendio della figura del Papa è necessaria l’autorizzazione del ministro della Giustizia, atto che il pm ha già sollecitato. Il gip, nel disporre il sequestro preventivo ha avvalorato la tesi del pm ritenendo che il contenuto del sito internet ostenti disprezzo sia del sentimento religioso che della persona del Pontefice. L’offesa a Benedetto XVI sarebbe quindi evidente, così come quella recata alla religione cattolica che è tutelata dalla norma del codice penale che prevede il reato di vilipendio.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

COS'E' IL REATO DI VILIPENDIO:

Il Papa, oltre ad essere un leader religioso, è anche un capo di stato, è quindi protetto SIA dalle leggi che tutelano la religione, sia dalle leggi che tutelano le figure politiche di altri paesi.

Ci sarebbe ovviamente da valutare il fatto che il vaticano, stato interamente dipendente dall'italia, ma di fatto indipendente dal punto di vista sociale, legale e politico, gode di vantaggi strategici non indifferenti, sia dal punto di vista fiscale che legale, potendo vantare un duplice volto da mostrare a piacimento. Questo discorso però prenderebbe troppo tempo, quindi per oggi parliamo solo del reato di vilipendio alla religione cristiana e del vilipendio al papa o del reato di vilipendio in generale:



VILIPENDIO ALLA RELIGIONE:

Art. 402 Vilipendio della religione dello Stato

Chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato e' punito con la reclusione fino a un anno. [Il 13 Novembre 2000 La corte costituzionale nella sentenza numero 508 dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 402 del codice penale (Vilipendio della religione dello Stato).] ==

Art. 403 Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone

Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto.

Art. 404 Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose

Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni.

Art. 405 Turbamento di funzioni religiose del culto cattolico

Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, e' punito con la reclusione fino a due anni. Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione fino a tre anni.


VILIPENDIO CONTRO STATO ESTERO:
Art. 297 Offesa all'onore dei Capi di Stati esteri

Chiunque nel territorio dello Stato offende l'onore o il prestigio del Capo di uno Stato estero e' punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 298 Offese contro i rappresentanti di Stati esteri

Le disposizioni dei tre articoli precedenti si applicano anche se i fatti, ivi preveduti, sono commessi contro rappresentanti di Stati esteri, accreditati presso il Governo della Repubblica, in qualita' di Capi di missione diplomatica, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni (1). (1) Articolo cosi' modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.

Art. 299 Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero

Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con l’ammenda da euro 100 a euro 1.000.
Articolo così modificato dalla L. 25 gennaio 2006.



MODIFICHE AL REATO DI VILIPENDIO:

Il vilipendio è un reato che fino al 2006 veniva punito con la reclusione da 1 a 6 anni, a seconda della gravità. Oggi viene fatta una multa dai 2000 ai 10000 euro.

Queste le modifiche apportate nel 2006 alle leggi che trattano il vilipendio tramite le seguenti modifiche:

L’articolo 292 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 292. - (Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato). – Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.
Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali».

L’articolo 299 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 299. - (Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero). – Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con l’ammenda da euro 100 a euro 1.000».

L’articolo 403 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 403. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone). – Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto».

L’articolo 404 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 404. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose). – Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni».


All’articolo 405 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «del culto cattolico» sono sostituite dalle seguenti: «del culto di una confessione religiosa»;
b) alla rubrica, le parole: «del culto cattolico» sono sostituite dalle seguenti: «del culto di una confessione religiosa».

Al libro secondo, titolo IV, capo I, del codice penale, la rubrica è sostituita dalla seguente: «DEI DELITTI CONTRO LE CONFESSIONI RELIGIOSE».

All’articolo 290, primo comma, del codice penale, le parole: «con la reclusione da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».

All’articolo 291 del codice penale, le parole: «con la reclusione da uno a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».

All’articolo 342 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «con la reclusione fino a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000»;
b) al terzo comma, le parole: «è della reclusione da uno a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «è della multa da euro 2.000 a euro 6.000».



------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

CONSIDERAZIONI:
Dovessimos eguire alla lettera il reato di vilipendio apparirebbe ovunque, eppure contro il papa, pare che il vilipendio conti di più, nessuno si lamenta se facciamo vignette offensive del buddha o di qualsiasi altra divinità minore, ma se si insulta il papa, tutti a strillare, non ostante la legge oggi preveda PARI PUNIZIONI per OGNI insulo ad OGNI religione, perchè gli uomini sono liberi di credere alla bugia che preferiscono...

C'è una cosa che però non sono riuscito a controllare: La condizione di reciprocità, legge del nostro codice penale che si riferisce ai reati di vilipendio a stato estero.

Ve la riporto:
Art. 300 Condizione di reciprocita'
Le disposizioni degli articoli 295, 296, 297 e 299 si applicano solo in quanto la legge straniera garantisca, reciprocamente, al Capo dello Stato italiano o alla bandiera italiana parita' di tutela penale. I Capi di missione diplomatica sono equiparati ai Capi di Stati esteri, a norma dell'articolo 298, soltanto se lo Stato straniero concede parita' di tutela penale ai Capi di missione diplomatica italiana. Se la parita' della tutela penale non esiste, si applicano le disposizioni dei titoli dodicesimo e tredicesimo, ma la pena e' aumentata.
Non sono riuscito a leggere il codice PENALE dello stato vaticano, non è chiaro neanche se c'è, o comunque sia nel Diritto Canonico non ho trovato leggi che tutelano l'italia dal vilipendio :D quindi il vaticano NON GARANTISCE la parita di tutela PENALE...

Ora io non sono un giurista, e comunque non ho una conoscenza approfondita dell'argomento e quindi sto di certo sbagliando quando dico che mi pare tutto un po' campato per aria.

Voi che ne dite?

mercoledì 17 settembre 2008

Benedetto XVI: «Servono nuovi politici cattolici»

IL FATTO:

Serve «una nuova generazione di politici cattolici». Che abbiano «rigore morale e competenza». Il Papa Benedetto XVI parla durante la messa celebrata domenica a Cagliari, sul sagrato del santuario di Nostra Signora di Bonaria, in occasione della sua visita pastorale in Sardegna. Ad ascoltarlo centomila fedeli e, in prima fila, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il governatore della Sardegna, Renato Soru, e il sottosegretario Gianni Letta.

Per quale motivo il premieri abbia deciso di presenziare non è dato sapere. Lui ha spiegato che «è un'occasione importante, sono qui per rendere omaggio a Benedetto XVI. Non volevamo mancare». Perché un accredito di immagine in più ci sta sempre bene. Ma le parole del pontefice lasciano poco margine a interpretazioni e adattamenti. O a strategie presenzialiste. Nell'omelia il Papa ha esortato la Chiesa e i cattolici a tornare a «essere capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell'economia, della politica» che, ha sottolineato, «necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile».

Il Papa ha anche esortato i cristiani a «far sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembra negarli». I fedeli sardi hanno rivolto una calorosissima accoglienza che dall'aeroporto di Elmas ha raggiunto il santuario di Nostra Signora di Bonaria in papamobile attraversando tra la folla il centro della città e il lungomare.

Papa Ratzinger è arrivato alle 9.30 con un aereo dell'Aeronautica Militare, a bordo del quale ha viaggiato anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, che resterà accanto al Papa per l'intera giornata. A bordo pista, con il premier c'erano l'arcivescovo di Cagliari Giuseppe Mani, l'ambasciatore presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi, il presidente della Regione Renato Soru e il sindaco di Cagliari Emilio Floris. Tre bambine, Chiara, Valeria e Giorgia, hanno consegnato al Pontefice un bouquet di fiori. E il Papa le ha ricambiate con un sorriso e una carezza.


CONSIDERAZIONI PERSONALI:

Ommioddio... il papa parla di politica? di fronte ai politici?
e quì il mondo cattopolitico dirà: MA NO!!! il Papa voleva solo dire che la politica deve dar credito alle proprie radici cristiane, e governare secondo le proprie radici.

Fermi tutti... stop. C'è da fare una riflessione.
Da che mondo è mondo i cristiani cattolici hanno mutato la legge di Dio a proprio piacimento, e sempre per la ricerca di un maggior potere. Da che mondo è mondo (è la storia che lo dice, non io) la chiesa cattolica ha SEMPRE ricercato il potere politico, più che quello spirituale.
poi qualcuno ha detto "dividiamoci i compiti: voi occupatevi dello spirito, noi della politica" e la chiesa, da quel momento stette in silenzio (più o meno).
Sentire un prete parlare di politica faceva infuriare la gente, faceva ARRABBIARE le persone perchè la storia ci aveva insegnato che LORO-NON-DEVONO-FARE-POLITICA.

Ma l'uomo dimentica, e quella che era RABBIA è diventata Rabbia, poi rabbia, poi scrollate di spalle... oggi il papa parla di politica alle folle, ed ai nostri politici, ed i nostri politici dipendenti pubblici di uno stato laico annuiscono e gioiscono delle sue parole, e noi abbiamo dimenticato che ci si deve ARRABBIARE quando la chiesa cattolica, o la religione in generale, mette piede nella politica, perchè la STORIA ci ha insegnato che LORO non possono fare del bene a livello politico, non possono, non sono in grado a causa della loro conformazione, perchè la religione parla dell'intangibile, mentra governare significa decidere per il meglio nel mondo tangibile.

La cosa che ci sfugge, che dovrebbe farci riflettere, è che sui giornali non c'è più scritto "il papa invita a fare la carità" o "il papa si auspica un mondo senza guerre"

oggi è normale sentire il papa che chiede spazio politico per la chiesa, perchè la chiesa ha la memoria lunga, lunga quanto i suoi progetti e la sua pazienza, li abbiamo allontanati dalla politica ed hanno accusato il colpo senza problemi, perchè la chiesa SA che l'uomo dimentica, e SA di poter manipolare le persone, e quindi la politica, e quindi SA di poterci far dimenticare le cose più in fretta.

Io sono uno di quelli che non dimentica, io ricordo, io studio,
e so che LORO-NON-DEVONO-FARE-POLITICA.

Laicamente vostro
Nero

Otto per mille, l'allarme della Cei

"Quest'anno 35 milioni in meno"

Angelo Bagnasco, presidente della Cei
ROMA - Sempre più italiani rinunciano a devolvere l'otto per mille alla Chiesa cattolica. A lanciare l'allarme è la Conferenza episcopale italiana che, dati alla mano, fa sapere come quest'anno le firme dei contribuenti siano passate dall'89,82% del 2008 (dichiarazioni dei redditi 2005) all'86% del 2009 (dichiarazioni dei redditi 2006). Nel dettaglio, si sono avute 38.024 firme in più per la Chiesa, poche però rispetto al forte incremento delle firme per lo Stato che passa dal 7,6 all'11% (circa 800 mila firme in più).

Un calo che fa scalpore perchè arriva dopo dieci anni di crescita costante e che porterà nelle casse della Chiesa 35 milioni di euro in meno. Il dato, diffuso dall'agenzia di stampa cattolica Adista, preoccupa non poco la Cei che ha deciso di correre ai ripari: è infatti già pronta una lettera indirizzata ai cattolici italiani intitolata "Sostenere la Chiesa per servire tutti". Nel documento, i vescovi ricordano che grazie all'otto per mille, istituito venti anni fa, "la Chiesa ha potuto disporre di risorse costanti" e invita i sacerdoti, i religiosi e i catechisti a non vergognarsi di chiedere soldi. Le motivazioni del sostegno economico alla Chiesa "devono essere costantemente richiamate nella catechesi, negli itinerari formativi, nell'insegnamento teologico. Dovremmo forse superare - concludono i vescovi - l'eccessivo pudore che ci induce a tralasciarle nella predicazione abituale, ben diverso era, su questi temi, lo stile degli Apostoli". I sacerdoti, sottilinea la Cei, nel loro rapporto con i fedeli, dovrebbero affrontare maggiormente l'argomento del sostegno economico "garantendo al contempo la massima trasparenza nel far conoscere la situazione economica e i conti delle nostre parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali".

Ma c'è chi esprime "soddisfazione" per il calo dell'otto per mille: sono gli esponenti radicali Maurizio Turco e Mario Staderini che in un comunicato fanno sapere che "i dati sulle scelte sull'otto per mille espresse dagli italiani confermano quanto sosteniamo da tempo: il miliardo di euro che ogni anno viene sottratto dal bilancio dello Stato in favore della Cei è frutto di un patto scellerato tra quest'ultima ed i Governi italiani, che da 18 anni tengono nascosto al Paese il reale funzionamento dell'otto per mille". Secondo Turco e Staderini "se il governo informasse meglio i cittadini, le ripartizioni dell'otto per mille sarebbero ben diverse, e la Cei perderebbe buona parte dei 600 milioni di extra gettito che annualmente lucra sull'ignoranza indotta".


CONSIDERAZIONI PERSONALI:

La contentezza che mi pervade nel constatare che l'italia "nuova" è più Laica di quella "Vecchia" è tanta, ma devo moderarmi, perchè so che la chiesa ha mezzi potenti per recuperare, e serve pazienza e costanza per Dimostrare al mondo che Laico non significa pazzo bestemmiatore satanista, come vogliono far credere alle masse; che Laico non significa adepto della scienza disumana.

Esattamente come essere un parroco non significa per forza molestare bambini.

Dastinate il vostro 8x1000 alla ricerca, perchè il vaticano ha più oro di quanto gliene serve, basta guardare i paramenti sacri del papa la domenica delle palme per capirlo.

Il fatto che inviino una lettera aperta, che incrementino le pubblictà (le pubblicità costano milioni di euro) per richiedervi quei 36 milioni di euro non deve convincervi, dovete sorridere, perchè con o senza i vostri sold il papa continuerà ad ordinarsi le scarpe di prada da 6000 euro, mentre probabilmente senza i vostri soldi la ricerca non può permettersi proprio un cazzo.


Saluti Affettuosi
Nero

P.S.: Vi invito a leggere anche questo articolo

lunedì 15 settembre 2008

Crimen Sollicitationis - A che punto siamo?

A che punto siamo con i preti pedofili? ve lo sarete chiesto anche voi, no?
ho trovato per caso questo testo online, che riporto per intero, senza commentare.

Buona lettura.

In genere gli eventi della politica sono incomprensibili per i comuni mortali, ma se, armati di pazienza, ci impegniamo nella ricerca dei nessi logici che li tengono insieme, arriviamo a capire senza problemi il gioco di interessi dei personaggi, apparentemente al di fuori di ogni sospetto, che ne tessono la trama.
Se ripensiamo ai misteriosi rapporti intercorsi negli ultimi tempi tra gli Stati Uniti e il Vaticano, sentiamo destarsi in noi un sensazione di sgomento al pensiero di quanta perversione e malafede agita le notti dei Potenti della Terra, che, per il loro squallido tornaconto, sono capaci di addivenire a qualsiasi compromesso.

Per convincersi di questa verità, è sufficiente puntare l'attenzione su quanto di poco chiaro è apparso nella vicenda dei preti pedofili americani e di conseguenza nei rapporti tra il cardinale Ratzinger e il Presidente Bush.

Nel maggio 2001, sull'onda delle denunce che si susseguivano contro i membri della Chiesa cattolica in seguito alle violenze perpetrate sui minori, Ratzinger - allora Capo della Congregazione della Dottrina della Fede - indirizzò una lettera ai vescovi di tutto il mondo, per informarli della sua decisione di avocare alla stessa Congregazione la gestione degli abusi, di imporre il segreto pontificio sui dibattimenti dei Tribunali ecclesiastici, sotto pena di scomunica per chi lo violasse, e di far durare dieci anni - a partire dal giorno in cui il minore compiva il diciottesimo anno di età - la giurisdizione della Chiesa.

Il principio che la Chiesa possa attriubuirsi dei privilegi e che questi siano intoccabili venne ribadito poi dal cardinale Bertone, che sostenne l'infondatezza della richiesta fatta a un vescovo di denunciare un prete pedofilo reo confesso.

Daniel Shea, difensore di alcune delle vittime, fece tuttavia notare ai giudici che "non c'era ragione perché le indagini dovessero iniziare solo dal momento in cui il minore raggiungeva la maggiore età" e John Beal, professore di diritto canonico presso l'università cattolica americana, affermò sotto giuramento che la lettera di Ratzinger aveva esteso la giurisdizione della Chiesa ai crimini di natura sessuale perpetrati dai suoi membri.

Tenendo conto anche del fatto che Ratzinger in quel momento era implicato in una azione di copertura di preti pedofili per la quale un Tribunale del Texas gli aveva rivolto una accusa molto seria, lo stesso Ratzinger fu invitato a comparire davanti ai giudici per ostruzione alla giustizia.

Qualche tempo prima delle elezioni presidenziali del 2004, Ratzinger mandò un'altra lettera ai vescovi cattolici americani con cui minacciava i candidati di non concedere loro i sacramenti, se avessero sostenuto apertamente il diritto di aborto.
La conseguenza fu che Kerry perse le elezioni, mentre Bush, che aveva scatenato la guerra in Iraq e fatto morire migliaia di innocenti, fu rieletto. Per ricambiare il favore il Presidente gli concesse poco dopo l'immunità diplomatica.

La conclusione a cui arriviamo dall'interpretazione di questi eventi è che tra i due Capi di Stato era stato stretto un patto non scritto per il quale il Papa attuale avrebbe aiutato il candidato repubblicano a vincere le elezioni e questi avrebbe operato in modo che l'immagine della Chiesa e del suo Capo non venisse offuscata. E i fatti che seguono sembrano confermarla.

Un fratello di Bush e Ratzinger hanno dato vita insieme a una Fondazione Ecumenica Svizzera. Lo stesso membro della famiglia Bush è accorso a congratularsi con Ratzinger, quando questi è stato eletto Papa. Ratzinger è intervenuto contro Kerry, ma non contro Clinton, che pure era favorevole all'aborto. Ratzinger si scaglia quasi tutti i giorni contro l'aborto, ma non ha mai detto una parola contro la guerra in Iraq. Il Dipartimento di Giustizia, chiamato a rispondere sulla richiesta di estradizione, ha atteso quasi due anni per rispondere.

La sortita da Fort Apache è stata resa possibile dal concorso di eventi favorevoli, che in futuro difficilmente potranno ripresentarsi. Il fenomeno dei preti pedofili, infatti, si va estendendo a macchia d'olio, per cui la credibilità della Chiesa cattolica negli Stati Uniti è oramai prossima allo zero, e i cristiani evangelici non si oppongono più all'aborto, né sono interessati ad appoggiare i repubblicani alle prossime elezioni.
D'altra parte la scarsità delle risorse energetiche e il crollo dell'economia americana costringeranno il governo italiano a ad avvicinarsi ai Paesi che le producono.

La Chiesa cattolica ha già perduto l'Austria, la Spagna, l'Irlanda e la Polonia, che erano considerate le sue roccaforti tradizionali in Europa. Una volta perduto pure gli Stati Uniti e dato per scontato che l'Italia dovrà rispettare quanto prima le risoluzioni della Ue riguardanti i diritti civili, non le resteranno più carte da giocare sulla scacchiera intenazionale, con le conseguenze che ognuno può immaginare.

lunedì 8 settembre 2008

(S) Battesimo

CHE COS’È IL BATTESIMO

Stando al Catechismo della Chiesa cattolica (n. 1213), il battesimo è il mezzo «mediante il quale ci si libera dal peccato e, rigenerati come figli di Dio, si diventa membra di Cristo, ci si incorpora alla Chiesa e resi partecipi della sua missione». Come un bambino di pochi giorni possa essere reso partecipe della missione della Chiesa resta, ovviamente, un mistero della fede.

Va ricordato che il battesimo è un rito largamente estraneo alla narrazione evangelica: gli unici passi espliciti (Mt. 28,19, Mc 16,15) sono spesso considerati dagli studiosi come un’aggiunta posteriore; i passi di Gv. 3,22-26 sono contraddetti da Gv. 4,1. Gesù, pur battezzato da Giovanni, stando al Nuovo Testamento personalmente non battezzò mai nessuno, né tanto meno risulta siano mai stati battezzati gli apostoli.

IL PEDOBATTESIMO

Gesù decise di farsi battezzare solo quando ebbe compiuto trent’anni. Anche agli albori della cristianità il battesimo veniva impartito agli adulti, e solo dopo un congruo periodo di catecumenato. Anzi, molti fedeli rimandavano addirittura il battesimo fin quasi in punto di morte, per presentarsi “puri” nell’aldilà.

Successivamente, con l’affermarsi della nuova religione, il rito venne gradatamente anticipato agli infanti (di qui il nome di “pedobattesimo”), anche in seguito all’elaborazione teologica del peccato originale, tuttora in vigore. Ancora oggi, infatti, la Chiesa ritiene che i bambini «nascono con una natura umana decaduta e contaminata dal peccato originale» e hanno bisogno del battesimo «per essere liberati dal regno delle tenebre e trasferiti nel regno della libertà dei figli di Dio» (dal Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1250).

Se un neonato non ha la potestà legale di stipulare alcun atto, non si capisce a maggior ragione perché debba compiere, dopo pochi giorni di vita, una scelta che potrebbe pregiudicarne - da un punto di vista religioso - l’accesso al paradiso.

IL BATTESIMO COME ADESIONE ALLA CHIESA CATTOLICA

La Chiesa cattolica, nel corso della sua storia, ha spesso abusato del battesimo per ottenere “conversioni forzate”, soprattutto nei confronti degli ebrei. Ancora oggi il Codice di diritto canonico, al canone 868, stabilisce questa assurda norma: «il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori»! Qualora si verificasse, i genitori dello sfortunato bambino potrebbero denunciare il battezzante per violazione dell’art. 30 della Costituzione.

Ricordiamo che tale articolo stabilisce che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i propri figli». Attenzione, però: “istruire” non significa affatto “imporre”. Insegnare ai proprî figli la verità della religione cattolica non deve quindi avere come automatica conseguenza l’adesione vita natural durante alla Chiesa cattolica, così come insegnare ai proprî figli il gioco degli scacchi non deve comportare l’iscrizione vita natural durante al club degli scacchi. Questo infatti comporta il battesimo: il canone 96 del Codice di diritto canonico stabilisce infatti che «mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta». E questa condizione assume valore anche per la legge italiana…

La sentenza della Corte Costituzionale n. 239/84 ha invece stabilito che l’adesione a una qualsiasi comunità religiosa debba essere basata sulla volontà della persona: difficile, a nostro avviso, rintracciare tale volontà in un bambino di pochi giorni.

Infine, secondo la legge 196/2003, l’appartenenza religiosa è considerata un dato sensibile, esattamente come l’appartenenza sindacale e politica, la vita sessuale e la salute dell’individuo. Non si capisce pertanto perché, se la legge impedisce ai genitori di iscrivere i propri figli a un sindacato, a un partito politico, a un’associazione gay, non debba conseguentemente impedire l’adesione a un’organizzazione religiosa.

L’APOSTASIA

Lo sbattezzo, visto dalla parte della Chiesa, si chiama apostasìa. Se da un punto di vista dottrinale è un peccato mortale, per il diritto penale della Chiesa, applicabile a tutti i battezzati, rappresenta invece un «delitto» (Codice di diritto canonico, can. 1041).

Ne consegue che, per la Chiesa cattolica, chi si proclama ateo e agnostico, anche se non si sbattezza, è da considerarsi un apostata, e pertanto soggetto alla scomunica latae sententiae (can. 1364), un tipo di provvedimento canonico che si applica automaticamente, anche se la Chiesa non è al corrente del “delitto” commesso (lo stesso provvedimento comminato dal codice, per esempio, alla fattispecie di aborto volontario).

PERCHÉ CANCELLARE GLI EFFETTI DEL BATTESIMO?

Non certo per fare un contro-rito vendicativo: nessuna associazione laica lo riterrebbe una cosa seria.

Ci sono invece motivazioni ben più importanti per sbattezzarsi:

  • per coerenza: se non si è più cattolici non v’è alcuna ragione per essere considerati ancora tali da chi non si ritiene più degni della propria stima;
  • per mandare un chiaro segnale a tutti i livelli della gerarchia ecclesiastica;
  • per una questione di democrazia: troppo spesso il clero cattolico, convinto di rivolgersi a tutta la popolazione della propria parrocchia, “invade” la vita altrui (pensiamo alle benedizioni natalizie o, più banalmente, al rumore prodotto dalle campane). Si crea così una sorta di “condizionamento ambientale” e si diffonde la convinzione che bisogna battezzare, cresimare, confessarsi e sposarsi in chiesa per non essere discriminati all’interno della propria comunità. Abbattere questo muro, rivendicando con orgoglio la propria identità di ateo o agnostico, è una battaglia essenziale per vivere in una società veramente libera e laica.
  • per la voglia di far crescere il numero degli sbattezzati, contrapponendolo alla rivendicazione cattolica di rappresentare il 96% della popolazione italiana;
  • perché si fa parte di gruppi “maltrattati” dalla Chiesa cattolica: gay, donne, conviventi, ricercatori…
  • per rivendicare la propria identità nei passaggi importanti della propria vita. Non essere più cattolici comporta l’esclusione dai sacramenti, l’esclusione dall’incarico di padrino per battesimo e cresima, la necessità di una licenza per l’ammissione al matrimonio (misto), la privazione delle esequie ecclesiastiche in mancanza di segni di ripensamento da parte dell’interessato. Significa quindi non dover sottostare alle richieste del proprio futuro coniuge di voler soddisfare la parentela con un rito in chiesa, non vedersi rifilare un’estrema unzione (magari mentre si è immobilizzati), e avere la relativa sicurezza che i propri eredi non effettueranno una cerimonia funebre in contrasto con i propri orientamenti.
  • per non essere considerati, dalla stessa legge italiana, «sudditi» delle gerarchie ecclesiastiche. Il Catechismo della Chiesa cattolica rammenta (nn. 1267 e 1269) che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso […] perciò è chiamato […] a essere «obbediente» e «sottomesso» ai capi della Chiesa». Qualora non lo siano, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a “richiamare” pubblicamente il battezzato. Nel 1958 il vescovo di Prato definì «pubblici peccatori e concubini» una coppia di battezzati sposatasi civilmente. La coppia subì gravi danni economici, intentò una causa al vescovo e la perse: essendo ancora formalmente cattolici, continuavano infatti a essere sottoposti all’autorità ecclesiastica. Ogni prelato può dunque tranquillamente permettersi esternazioni denigratorie nei confronti dei battezzati: perché rischiare?
  • per un vantaggio economico: se si è battezzati e capita di dover lavorare, anche saltuariamente, in Paesi come la Germania o l’Austria, si finisce per essere tassati per la propria appartenenza alla Chiesa cattolica, e in modo assai salato (anche 60 euro al mese su uno stipendio di 2.000 euro…).

Ma tante altre ancora possono essere le motivazioni: non c’è certo bisogno di ricevere suggerimenti da parte dell’UAAR!

L’ASSOCIAZIONE PER LO SBATTEZZO

L’Associazione per lo Sbattezzo nacque negli anni ’80 proprio su queste tematiche. Suo il merito di aver sollevato il problema in Italia: attraverso questa associazione sono partite le prime lettere con le richieste di cancellazione dal registro dei battezzati. Il modulo che presenta sul suo sito, tuttavia, è privo di valore giuridico, non facendo riferimento ad alcuna legge dello Stato italiano. Oggi la parola sbattezzo è entrata a far parte dei dizionari.

L’INIZIATIVA GIURIDICA DELL’UAAR

Nel 1995 l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ha avviato una campagna per la “bonifica statistica” dei battezzati. Dopo aver verificato le risposte fumose ed evasive alle richieste di cancellazione ricevute dai parroci (le poche volte che costoro si degnavano di rispondere), ha preferito spostare il confronto in sede giudiziaria.

Attraverso un socio individuato ad hoc, ha così intrapreso un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali (Stefano Rodotà), chiedendo di intervenire nei confronti delle parrocchie refrattarie alla cancellazione del battesimo.

IL SUCCESSO DELL’INIZIATIVA GIURIDICA UAAR

Il 13 settembre 1999 il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato sul ricorso del socio UAAR.

Secondo il provvedimento del Garante non si può cancellare il battesimo, in quanto esso documenta un episodio effettivamente avvenuto.

È però possibile, per chiunque lo desideri, far annotare la propria volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica. Si tratta di un riconoscimento importante, con il quale per la prima volta la giurisprudenza italiana ha stabilito una procedura per l’ottenimento di un elementare diritto civile, quello di non essere più considerati “figli della chiesa”.

Lo sconcerto cattolico deve essere stato notevole, se persino un esponente considerato “illuminato” come don Zega, dalla prima pagina della Stampa del 29 settembre 1999, riusciva a confondere UAAR e Associazione per lo Sbattezzo, cercando poi di buttare tutta la vicenda sul goliardico.

Come conseguenza pratica, però, l’iniziativa dell’UAAR ha costretto la Conferenza Episcopale Italiana a emanare già il 20 ottobre 1999 un Decreto Generale sull’argomento.

L’UAAR, incassato il parziale successo, ha comunque deciso di ricorrere al tribunale di Padova, che con il decreto del 29 maggio 2000 ha in sostanza confermato quanto statuito dal Garante, sancendo tuttavia che «è lo Stato che si riserva il potere di verificare se sussistano i presupposti per escludere il proprio intervento con riguardo agli atti dell’autorità ecclesiastica».

Nel novembre 2002 la Conferenza dei vescovi italiani, riunita in assemblea plenaria, ha dovuto confermare la legittimità delle richieste formulate col modulo UAAR.

L’iniziativa è proseguita negli anni successivi, con lo scopo di allargare questo diritto all’intera popolazione italiana. Nel 2002 è stato presentato e accolto il primo ricorso al Garante contro una parrocchia inadempiente, e nel 2003 è stato presentato e accolto il ricorso al Garante contro la pretesa del Vicariato di Roma di chiedere al richiedente di presentarsi presso i suoi uffici «per dimostrare e controfirmare la sua richiesta in modo inequivoco».

Infine, nel settembre 2006, un nuovo provvedimento del Garante ha permesso a tutti coloro che non conoscono la parrocchia di battesimo (o che sono stati battezzati all’estero) di annotare le proprie volontà di non far più parte della Chiesa cattolica sull’atto di cresima. Il caso ha voluto che il primo vescovo “costretto” ad autorizzare una simile annotazione sia stato il cardinal Camillo Ruini (anche se la prima in assoluto risale al febbraio 2006).

Ma la campagna continua: resta ancora da allargare tale diritto a chi non sa dove è stato battezzato, e non è mai stato comunicato o cresimato.

COSA BISOGNA FARE PER NON ESSERE CONSIDERATI PIÙ CATTOLICI?

  • Chi conosce la parrocchia presso la quale si è stati battezzati deve semplicemente scrivere una lettera al parroco con la quale si chiede che sia annotata la propria volontà di non far più parte della Chiesa cattolica. La lettera deve essere inviata per raccomandata a.r. allegando la fotocopia del documento d’identità. Non è necessario fornire alcuna motivazione. Disponiamo di una lettera modello, scaricabile in formato *.RTF (e modificabile a piacimento secondo le proprie esigenze); ne è altresì disponibile una versione in formato *.PDF. Se non si è subita né la prima comunione né la cresima, inoltre, si può provare a inviare alla parrocchia un modulo (*.RTF; *.PDF), recentemente sperimentato con successo, contenente la richiesta di prendere nota che non si è mai stati cattolici.
  • Se non si conosce la parrocchia, la prima strada è quella di fare una ricerca sul portale parrocchie.it: qualora vi fossero dubbi tra più parrocchie si può provare a chiedere un aiuto a soslaicita@uaar.it.
  • Qualora l’esito fosse infruttuoso bisogna inviare una richiesta al parroco dove è stata impartita la prima comunione (a partire dal 1984) o la cresima, chiedendogli di provvedere all’annotazione della richiesta sui documenti che attestano la somministrazione di questi sacramenti.
  • In alternativa, se ci si è sposati con il rito concordatario, si può anche inviare una richiesta alla parrocchia delle nozze, chiedendo di conoscere la parrocchia di battesimo.
  • Sbattezzarsi è rapido e semplice. Nel caso, piuttosto raro, che vengano frapposti degli ostacoli, consigliamo di consultare le FAQ (anche in formato RTF), che contengono le risposte alle domande più ricorrenti sull’argomento: qualora i dubbi persistano, potete inviare un messaggio a soslaicita@uaar.it per ottenere una consulenza sull’argomento. Ricordiamo che - in mancanza di risposta da parte della parrocchia - è possibile presentare ricorso al Garante per la protezione dei dati personali. Tutti i ricorsi presentati finora si sono conclusi con esito positivo.
  • Se vuoi dare maggiore enfasi alla tua decisione di sbattezzarti, partecipa anche tu alla Giornata dello Sbattezzo, in programma il 25 ottobre 2008 (se possiedi un sito o uno spazio Web, qui è disponibile un banner per pubblicizzarvi l’evento).

ALTRE RELIGIONI

Per le altre confessioni cristiane vale lo stesso discorso della confessione cattolica: è sufficiente inviare la lettera modello, sostituendo soltanto “registro dei battezzati” con “elenco dove è stato registrato il battesimo”.

L’appartenenza alle comunità ebraiche è documentata attraverso un’iscrizione: pertanto, per abbandonare l’ebraismo è sufficiente inviare una comunicazione formale con cui si rende palese la propria volontà, chiedendo altresì che venga data conferma per iscritto delle proprie “dimissioni”. Ovviamente, in tal modo si risolve il problema dell’appartenenza, non quello della circoncisione.

Per l’islam le cose sono molto più complicate. Non esiste in Italia alcuna confessione centralizzata islamica, ma tante organizzazioni diverse in competizione fra loro: è quindi impossibile formulare una domanda ufficiale, ma solo apostatare pubblicamente. Il problema, ben noto, è che la dottrina prevalente nel mondo islamico prevede che l’apostata sia punito con la morte. Secondo un detto (hadīth) attribuito a Maometto, è vietato uccidere un musulmano, eccetto che in tre casi: quello di un musulmano che ha ucciso un altro musulmano, quello dell’adultero e quello dell’apostata. Al di fuori dai Paesi di tradizione musulmana sta comunque venendo alla luce un buon numero di apostati dall’islam. Alcuni di essi hanno pure creato un sito: Apostates of Islam e un’associazione, Council of Ex-Muslims of Britain. Anche per l’islam resta il problema della circoncisione.

LO SBATTEZZO ALL’ESTERO

Il problema dello sbattezzo non è solo italiano: lanciato in Belgio alcuni decenni fa da Alternative Libertaire, ha calamitato l’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto in Francia.

Qui la legge ha sancito sia il diritto alla cancellazione, sia il dovere dell’ente ecclesiastico di fornire prove della stessa: i vescovi di Carcassone e Mende hanno rischiato pesanti condanne per non aver provveduto nei termini stabiliti (aggiornamenti sulla campagna di sbattezzo in Francia).

In Germania le cose sono ancora più semplici: una legge del 1919 impone alle religioni di “contare” i propri membri in base alla volontà dei propri fedeli di versare una somma variabile tra l’8 e il 10 per cento delle proprie imposte. Se non si vuole pagare questa tassa si è automaticamente fuori dalla Chiesa e cessano gli effetti del battesimo, mentre se si è battezzati si è invece obbligati a pagare le tasse alla propria Chiesa. La dichiarazione ufficiale di uscita dalla chiesa è effettuabile a partire dal raggiungimento della maggiore età (ovvero a quattordici anni, per quanto riguarda l’appartenenza religiosa).

Lo sbattezzo in Germania, Austria e Svizzera.

In Spagna la normativa è molto simile a quella italiana.

PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

Se vuoi dare visibilità sul tuo sito o sul tuo blog alla campagna UAAR di sbattezzo, puoi consultare le istruzioni pubblicate sul nostro sito.

PASSAPAROLA SULLO SBATTEZZO

Puoi scaricare la presentazione sullo sbattezzo e inviarla ai tuoi amici. Sono disponibili questi formati:

  • PPS (per MS Powerpoint), 430 Kb
  • PDF (per Adobe Reader), 490 Kb
  • SWF (Flash, da aprire in un browser), 480 Kb

Per salvare i file fai click con il tasto destro del mouse e scegli “Salva oggetto con nome”.

Ultimo aggiornamento: 23 luglio 2008.


Fonte: www.uaar.it